A grande richiesta mi sono deciso a scrivere qualcosa.
Del mio viaggio in Libia il ricordo più forte va senz'altro ai dieci giorni passati nel deserto.
L’inizio della spedizione desertica è Ghadames dove trovo i fuoristrada , gli ottimi autisti
e dove ci riforniamo di acqua e viveri, per il resto abbiamo con noi le tende e il pentolame per
cucinare. Il primo tratto è tutto su roccia, prima il loud poi l'Hamada al-Hamrah ovvero l’altopiano
roccioso per poi scendere in una favolosa zona di pinnacoli somiglianti a giganteschi termitai e famosa
come la valle di Pitenkis. Qualche breve tratto su sabbia e poi finalmente il primo vero erg
(che scopro essere la definizione data al deserto sabbioso) da attraversare è annunciato dal
sibilo delle gomme che vengono sgonfiate per meglio affrontare la sabbia. Ogni attraversamento di duna
è una piccola impresa, bisogna prendere la rincorsa e salire velocemente fino all’orlo pronti a
sterzare perchè non si sa mai come sarà la parte retrostante, e a volte la sorpresa non è
proprio piacevole. Può capitare che sali tranquillo per una duna bassa e ti trovi a precipitare
clamorosamente in modo perpendicolare conficcandoti di muso nella sabbia, fortunatamente senza danni ma
con quella pauretta che poi ti attanaglierà tutte le volte che ne risali un’altra!!!
Come
descrivere la sabbia compattissima a notte fonda tanto che non restano neanche le impronte e sprofondante
di giorno, con il suo colore arancione al sole e rosa-pallido al crepuscolo, formazioni di sabbia
rossa e di sabbia gialla. La prima parte del viaggio è la scoperta del deserto silenzioso e infinito.
Arrivati a Ghat dopo un breve tratto asfaltato che costeggia la montagna dei fantasmi, l'Idinen,
visitiamo l’antica Medina e sistemiamo le formalità burocratiche (ci vuole una specie di Visto!)
per poter entrare nell’Acacus, la nostra meta.
L’entrata dell’Acacus è il passo di Takharkori meglio
conosciuto come la "Duna del non ritorno" e questo nome su cui scherzo mette un po' in apprensione alcuni
dei miei compagni di viaggio, partiamo attraverso piste sabbiose lungo valli rocciose scolpite dal
vento (la bellissima Wadi Ayadhar) fino ad un altopiano ovviamente sabbioso da cui dominiamo una
stupenda vallata ed ecco la famosa duna del non ritorno : una discesa di circa 100 metri tutta in
sabbia, troppo lunga per essere percorsa in senso contrario, e da qui il suo nome.
Il paesaggio che
ci si presenta davanti è assolutamente favoloso : sabbia contornata da formazioni rocciose
modellate nei modi più strani fino a formare archi doppi e tripli (il famoso Fozzigiaren),
per poi arrivare, viaggiando in mezzo ai Wadi (letti di torrente senz’alcuna traccia d’acqua!) Afaar e
Wadi Bubba fino al Mathendous , una valletta che rese famoso l'italiano Mori che per primo descrisse i
differenti e spesso molto ben conservati Graffiti rupestri: alcuni disegnati e alcuni incisi, raffiguranti animali,
scene di vita ma anche esseri strani come un particolare umanoide tutto tondo e uno strano animale lungo e
con gobba. Questa è anche l’unica zona dove incontriamo altri gruppi di turisti.
Usciti dall'Acacus
e sconfitti bellamente gli autisti in una durissima partita di calcio sulla sabbia, sistemiamo
l'ultimo accampamento ma anche il più difficile grazie al forte vento che caratterizza l'erg Murzuq
con le sue altissime dune: ci aspetta l’ultimo intenso giorno di deserto, l'erg di Oubari con le sue dune
mozzafiato per raggiungere la zona dei laghi, Gabraoun e Oum el Ma, famosi perchè fino a qualche anno
fa tendevano ad un acceso color rosso dovuto alla presenza di minuscoli gamberetti : ora il colore è blu
ma lo spettacolo di questi laghetti immersi nel deserto e riparati da alte dune è notevole.
Tornati a
Fijei ci aspetta un lungo viaggio in bus su strada asfaltata, mi addormento e al primo sbalzo mi sveglio di
soprassalto allungando subito le mani in avanti a ripararmi convinto di essere ancora sulla cima
della famosa duna doppia di ieri. Per fortuna adesso è tutto dritto ma ripenso a quella pazza salita,
lo stop sull’orlo mentre guardi il fondo ma non riesci a vedere il terreno su cui dovrebbero poggiare le
ruote tanto è ripido e poi guardi bene e ti rendi conto che finita la discesa c’è una breve
salita da fare e un salto ancora più profondo!! Bello il deserto ma non avrei mai pensato di provare
emozioni così forti e tantomeno di aver paura di schiantarmi in macchina.
Resta il ricordo delle mie passeggiate silenziose a notte fonda sotto un cielo di stelle!!
Marco Cavallini
Altre foto, indirizzi e commenti alla pagina sulla Libia.
Questa opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons
1998 - 2024 Marco Cavallini
ultimo aggiornamento 19/10/2021