Continuo a leggere notizie angoscianti sul Madagascar, paese poverissimo e popolato da gente
pacifica sempre sorridente e disponibile, e mi tornano alla mente i tanti momenti e i tanti
incontri indimenticabili vissuti durante le mie visite, e allora perchè non raccontare
qualcosa .... così per cercare di regalare un pò di attenzione ad uno dei tanti
paesi dimenticati dai mass-media ma purtroppo non dai grandi interessi, e magari serve un pò
anche un semplice racconto di viaggio magari scritto maluccio.
Arrivato all'aeroporto di Tana (popolare abbreviazione di Antananarivo, n.d.r.) mi dirigo subito
agli imbarchi nazionali per prendere il volo per Morondava, ma non prima di essere stato intercettato
da due infermieri che mi porgono due pastiglie contro il colera (sempre pronto a mietere vittime
in varie zone dell'isola rossa!) e un bicchiere d'acqua. Mentre mi allontano per appoggiare il
bagaglio, con le pillole in mano, vengo seguito dall'infermiere che mi cura perchè "pare"
che i vazaha (termine malgascio per indicare gli stranieri) abbiano la pessima abitudine di tenere
le pillole sotto la lingua per poi sputarle nella toelette.
Salito sul TwinOuter (piccolo e "spettacolare" aereo da 18-20 posti che rappresenta la maggioranza
della flotta aerea malgascia), grazie all'effetto-culla che mi fanno gli sballottamenti, vengo
subito colto dal sonno per poi svegliarmi mentre l'aereo barcollando punta verso una pista invisibile,
mimetizzata in un paesaggio da favola dominato da migliaia di baobab, ma guardando la tranquillità
degli altri (pochi!) passeggeri mi convinco che non stiamo precipitando ma che quella striscia
marrone che piano piano appare alla visuale è proprio una specie di pista d'atterraggio!
Arrivato a Morondava e superato il rumoroso sbarramento dei taxisti, comincio subito a cercare
informazioni per organizzarmi il viaggio agli Tsingy di Bemaraha, uno degli obiettivi naturalistici
di questo mio viaggio, ma la strada da fare è decisamente lunga e impegnativa. E' necessario
noleggiare un 4x4 con autista e quindi anche trovarsi un qualche compagno di viaggio per
suddividere la spesa, e allora capita il caso di incontrare Bernard: un giovane maestro svizzero
arrivato sull'isola rossa per fare visita ad un vecchio zio trasferitosi lì da anni a coltivare
la sua passione botanica, che certamente qui ha trovato la sua realizzazione vista la quantità di piante uniche
(tra cui gli stranissimi baobab, le piante carnivore e molte curiose specie di piante grasse,
nonchè un'infinità di orchidee) che popolano l'isola. Pare che circa l'80% tra flora
e fauna qui presente proliferi soltanto in Madagascar, anche se purtroppo i continui disboscamenti
attuati per coltivare (bruciando le foreste!) o per raccattare legname hanno piano piano ridotto
l'isola da un giardino strepitoso ad una terra bruciacchiata con solo qualche rara e protetta "aiuola"!
Alle 5 della mattina partiamo, e appena usciti da Morondava ci immettiamo sulla Statale, una lunga
pista sabbiosa contornata da cespugli e piante che non ci permettono una grossa visuale dell'ambiente
circostante: sembra semplicemente una striscia di sabbia rossa che lotta per non essere riassorbita
dall'immensa foresta circostante. Dopo una quindicina di chilometri ci troviamo nell'Avenue du
Baobab, una delle zone più famose del Madagascar dove migliaia di baobab contornano la
strada, e si differenziano dai loro parenti del continente africano perchè invece di presentare
una grossa "chioma", sopra il loro massiccio tronco (sembrano dei patatoni!!) presentano solo radi
ciuffetti, fino al "monumento degli innamorati", due baobab intrecciati che per il loro significato
hanno purtroppo subito la triste abitudine delle incisioni delle iniziali delle coppie di innamorati
sul proprio tronco.
Malgrado i salti (quante craniate!!!) e gli insabbiamenti, Bernard si addormenta per poi risvegliarsi
quando ci troviamo di fronte allo Tsiribihina, un importante fiume che dovremo attraversare per
riprendere la strada, e non trova di meglio da fare che procurarsi, in modo tuttora a me oscuro,
due bottiglie fresche di birra, la famosa Three Little Horses (la cui traduzione "casualmente" mi
suona molto famigliare!) che ci beviamo mangiucchiando dei pesciolini fritti su un tavolo nello
spiazzo vicino a riva, senza accorgerci che intanto tutta la gente si è spostata e
all'improvviso ci troviamo circondati da una numerosa mandria di zebù (le mucche con la
gobba, n.d.r.!!!) arrivate sulla riva per abbeverarsi ..... e io mi sento tanto Ernesto Calindri!! :-))
Però resta il problema di procurarci la benzina e dopo una lunga trattativa, mi vengono
portate alcune casse da dodici di bottiglie di birra che però contengono benzina(!!),
quindi fatto il pieno saliamo in auto sulla chiatta quasi manuale (di ponti non c'è traccia!)
che ridiscenderà lo Tsiribihina per alcuni chilometri fino a ritrovare la pista.
Appena sbarcati incontriamo un canadese che da alcuni mesi sta arrancando in bicicletta per l'isola.
Riprendiamo quindi la strada in un ambiente un pò più brullo, caratterizzato
dalla presenza di baobab più giovani e sottili di quelli visti finora, che io ribattezzo
"baobini"!! :-)
E quando ormai giunge il tramonto ci troviamo all'ultimo fiume, però dobbiamo abbandonare
il mezzo e possiamo attraversare soltanto grazie a delle piccole canoe (su cui ovviamente bisogna
stare immobili!) e in venti minuti di buio pesto arriviamo sull'altra sponda e finalmente chiedo
(ovviamente solo adesso, perchè stamattina mi ero cambiato le mutande!!) se il fiume è
popolato da coccodrilli e altrettanto "ovviamente" mi viene data risposta positiva!
Ma adesso il problema è come raggiungere l'alberghetto dove dovremmo passare la notte, è
già buio pesto, le zanzare cominciano a farsi sentire e la stanchezza per il viaggio anche,
quindi l'idea di farci una camminata al buio di un'oretta non è certo stimolante ... ma
sotto un'enorme acacia vediamo parcheggiato un fuoristrada, praticamente un miraggio (!!), carico
di casse di birra e sacchi di patate e carote, che sta aspettando l'ambasciatore francese e due
suoi ospiti momentaneamente impegnati in una battuta di caccia, visto che per molti francesi
dall'innato spirito colonialista l'isola rossa altro non è che un terreno di caccia, in
tutti i sensi! (:-
Non che ci piaccia molto la compagnia, ma la stanchezza prevale sull'etica e ci facciamo dare un
passaggio, "comodamente" seduti e legati sul tetto del fuoristrada, per rimanere però a piedi
dopo pochi chilometri, ovvero alla prima grossa buca; ma dopo mezz'ora a favoleggiare su un'ambita
quanto improbabile zuppa di birra a base di patate e carote, la fantasiosa e vitale arte
d'arrangiarsi, tipicamente africana, dell'autista ha la meglio e la macchina riprende il cammino.
Arrivati a destinazione nel piccolo villaggio di Bekopaka, mi trovo subito davanti ad una bistecca
di carne di zebù con ai lati una salsina verde, in cui con "prontezza" intingo la carne
per poi rimanere un buon dieci minuti con la bocca aperta e senza parole (strano a credersi, ma
vero!!) in attesa che si spenga il clamoroso incendio che ho in bocca!
Dopo il giusto riposo, all'alba siamo subito in piedi per incamminarci verso gli Tsingy ed essendo
piovuto durante la notte ci viene sconsigliato di andare al Grande Tsingy (per visitarlo bene ci
vorrebbero comunque tre giorni e va fatto in periodo assolutamente secco!) quindi ci dirigiamo
verso il piccolo. Sulla riva del fiume ci sono tutte le donne di Bekopaka (un villaggio popolato
prevalentemente durante la stagione asciutta) che l'una con l'altra stanno lavorando alle capigliature
e rimango estasiato ad osservarle mentre suddividono la superficie cranica in 8 parti facendo
altrettante trecce che poi annodano tra loro fino a trasformare la testa in una bellissima composizione
artistica, che sfoggeranno in occasione della grande festa di stasera per l'Ambiente!
La
moglie di Marcel (la nostra strepitosa guida malgascia!) mi invita a danzare con lei stasera
perchè ci sarà anche un grande concorso, ovviamente mi rivolgo "preoccupato" a
Marcel dicendogli che non so ballare ma lui mi zittisce immediatamente asserendo che con due birre
sarei diventato un grande ballerino e che sua moglie ci tiene a classificarsi prima di lui nel concorso,
bella prospettiva!!! :-))
Davanti al sentiero da cui si accede al piccolo tsingy, c'è una tenda canadese: per sei mesi
all'anno è la casa di JeanClaude un geologo francese che vive sei mesi a Mahajanga e negli
altri sei mesi lavora alla conservazione di questo patrimonio naturale e che ci accopagnerà
durante l'escursione. Prima di tutto ci prega di stare molto attenti a dove mettiamo i piedi
perchè, oltre ad essere estremamente pericoloso camminare dentro e sopra gli tsingy in
quanto sono formazioni calcaree erose dall'acqua ed estremamente alte e appuntite per cui una
caduta potrebbe essere anche fatale, è molto importante essere delicati in quanto si rischia
di romperle. Da qui Jean Claude prende spunto per dichiararsi molto contento delle notevoli
difficoltà che bisogna superare per raggiungere questo meraviglioso luogo, difficoltà
che fanno sì che soltanto pochi turisti riescano a metterci piede limitando quindi la
possibilità di fare danni irrimediabili e che lui quando sente che la famosa pista da
Morondava in futuro potrebbe essere sostituita da una strada asfaltata va in panico, molto meglio
che la Bekopaka Autoroute rimanga così com'è con la sua sabbia e le sue buche
micidiali, che possono scoraggiare molti turisti ma che senz'altro sono un'ottima barriera di
sicurezza per questo delicatissimo ecosistema.
Durante la camminata Jean Claude si accorge prima che è sparita una corda (indispensabile
per muoversi in sicurezza tra le lame acuminate!) e poi che in una piccola grotta c'è
un'anfora e soprattutto che c'è della cenere calda, e il discorso cade inevitabilmente sui
Vazhimba. I Vazhimba sono una popolazione pigmea considerata tra i primi abitanti dell'isola rossa
e di cui si sa pochissimo se non alcune leggende, tra cui quelle che sostengono che molti di loro
non hanno mai avuto contatti con le altre popolazioni malgasce o occidentali, e che vivono in
zone inaccessibili della foresta primaria o nelle immense grotte e cavità presenti nel
Grande Tsingy e tuttora inesplorate.
Caratteristica degli Tsingy, oltre alle sue forme acuminate, sono i piccoli canyons che si riempiono
d'acqua nella stagione delle piogge, le piante grasse dalle forme diversissime e che riescono a
prendere vita in punti anche assai complessi della formazione calcarea nonchè gli immancabili
lemuri, i primati che vivono soltanto sull'isola rossa costituendone uno dei maggiori simboli e
che si differenziano in diverse sottospecie, tra cui i lemuri notturni di cui potrò ammirare
gli occhi che mi osservano circospetti dal buco di un tronco e i favolosi sifaka talmente curiosi
che anche se tu non li vedi nel fitto della foresta, loro sono sicuramente ben piazzati con la famiglia
al completo che ti osservano.
Quando chiedo perchč si chiamano tsingy, il sempre sorridente Marcel dà un colpetto ad una
lastra calcarea facendomi ascoltare il suono che ne deriva, appunto "tsing" da cui deriva il nome
onomatopeico (così com'è la derivazione di tante altre parole della lingua malgascia)
della stessa formazione calcarea.
Prima di concludere l'interessante camminata-arrampicata decidiamo di scendere in una grotta: si
scende di parecchie decine di metri aiutandosi infilando le mani nelle tante fessure ma Marcel
dopo una decina di minuti con modo decisamente tranquillo ci invita a non mettere le mani in una
determinata fessura, noi guardiamo e vediamo un ragno bianco-marrone grande quanto un palmo di
mano, fermo immobile, quindi notata la tranquillità del tono di Marcel gli chiediamo che
effetto farebbe su di noi quel ragno per sentirci rispondere sempre con estrema tranquillità
"non ci sarebbe nemmeno bisogno di portarvi in superficie"!
Continuiamo a scendere ma con maggiore attenzione, sentiamo rumori strani in lontananza e Marcel
continua a pronunciare una parola francese che ho già sentito ma di cui non ricordo il
significato; arrivati in una specie di salone immenso e con magnifici stalagtiti, Marcel mi invita
a battere le mani e io (sempre più suonato!) convinto di fare una prova per l'eco le batto
e subito mi ricordo che la famosa parola francese significa "pipistrelli" e sono anche decisamente
grandi!! L'uscita dalla grotta sarà estremamente veloce!! :-))
Tornati alla base ci mangiamo una bistecca, ovviamente senza salse (!!), e poi ci cimentiamo nella
gara di ballo. La festa si tiene nell'aula della scuola e noi siamo gli unici due vazaha e di
conseguenza anche i due che destano maggiore curiosità e veniamo trattati come ospiti
importanti (....ma quante birre ci offrono!!??), la festa è decisamente importante per il
villaggio e tutti sono vestiti al loro meglio: le donne con i capelli intrecciati e gli uomini
con i vestiti pił belli o gli accessori più intriganti, magliette di squadre di calcio e
occhiali a specchio!! La serata è semplicemente eccezionale (musicalmente domina il grande
Jao Joby) e non mancano le standing ovation per Bernard che insieme alla cognata di Marcel lotta
per la vittoria finale (io mi piazzerò in un discreto e sorprendente quarto posto ... ma
avevo bevuto una birra in meno!!!) ma alla fine dovrà cedere di fronte alle peripezie della
coppia favorita, i due maestri che anch'essi si trasferiscono qui sei mesi all'anno per continuare
gli insegnamenti.
L'ultimo giorno è ovviamente e interamente dedicato al duro rientro, e tra buche, guadi e
salti, a circa 40 chilometri da Morondava, quando il buio sta calando, incontriamo un camion
militare che avanza a passo d'uomo sulla sabbia: da sopra il cofano ci salutano, è il ciclista
canadese che in cambio di un passaggio (arriverà l'indomani al tramonto!) è stato
assunto, insieme alla sua torcia, come fanale!!
Arrivati all'alberghetto di Morondava, una piccola folla ci attende ... per chiederci com'è stato
il viaggio, se abbiamo avuto problemi e soprattutto cosa ne pensiamo delle loro bellezze naturali
e allora mi trasformo in cantastorie con un pubblico educato e attentissimo di adulti e bambini.
Quando preparavo i miei viaggi in terra malgascia sapevo sempre che i pericoli pił grossi
erano rappresentati dai coccodrilli e da qualche insetto, sapevo che la gente malgascia pur nella
sua drammatica povertà ha una dignità e una disponibilità eccezionali ma
adesso so che probabilmente non si erano ancora fatti i conti con il progresso e con quei grossi
interessi che quatti quatti portano il caos anche tra le popolazioni pił pacifiche! (:-
Alcune foto del mio secondo viaggio in Madagascar
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1998 - 2022 Marco Cavallini
ultimo aggiornamento 19/10/2021