Flavio diede un’occhiata alla cartina contenuta nella guida. Distinse nettamente Senglea (Birgu) e Vittoriosa (Isla). Si voltò successivamente a destra, dove La Valletta si ergeva imperiosa nel cuore dell’oscurità.
Senza variare la velocità, il San Juan si addentrò ulteriormente nel Grand Harbour, avvicinandosi alla banchina a dritta. La Valletta era stata appena oltrepassata e la pignoleria di Flavio lo indusse a controllare ancora una volta sulla cartina, dove era indicato il punto di sbarco. A ben guardare, infatti, il catamarano era diretto a Floriana, un centro contiguo – ma distinto – rispetto alla capitale.
Un poliziotto maltese controllò la sua carta d’identità e l’assicurazione. Non fu necessario mostrare libretto e delega, cosa che lo irritò non poco. Poi vide davanti a sé una sbarra sollevarsi e finalmente poté uscire nello spiazzale fuori dal terminal, dove, aggirando tassisti e pulmini, seguì una strada che risaliva fino al centro di Floriana.
Guidare a sinistra era un’esperienza nuova, che assorbì totalmente ogni sua energia mentale per i primi cinque minuti.
Alle rotatorie si girava in senso orario, agli incroci si dava precedenza a sinistra, nelle strade più grandi la corsia di sorpasso era quella di destra. Facendo parte del Commonwealth, Malta aveva ereditato da centocinquant’anni di dominazione britannica le bizzarre variazioni a quel codice della strada che invece vigeva in tutto il resto del mondo.
Concentrandosi nel tenersi più a sinistra possibile (un attimo di distrazione avrebbe potuto significare uno scontro frontale), Flavio non badò all’orientamento e cominciò a imboccare delle strade a caso. Le buche che erano disseminate lungo il manto stradale – di per sé irregolare e desideroso di manutenzioni straordinarie – insieme alla scarsa illuminazione e alla novità della guida a sinistra lo mandarono in tilt.
Non appena cominciò ad abituarsi all’idea che si doveva guardare nello specchietto retrovisore destro e non in quello sinistro, Flavio decise di accostare (naturalmente a sinistra) nella speranza di fare mente locale e individuare la direzione giusta.
Si fermò al primo bancomat. I palazzi, finora, si erano susseguiti senza soluzione di continuità, da un quartiere all’altro, addirittura da una città all’altra. Questo a dimostrazione del fatto che Malta era un paese densamente popolato e altamente urbanizzato.
Prelevò un centinaio di lire maltesi e lesse sulla ricevuta che lo sportello della Banca Nazionale della Valletta in cui si era appena servito apparteneva la filiale di Santa Venera. Il che non gli diceva nulla e non fu in grado di individuare il luogo nemmeno sulla cartina gigante che aveva dispiegato sul sellino della Vespa.
(tratto da “L’isola del tempo” di Giuseppe Raudino – © Giuseppe Raudino 2006)
Il pomeriggio seguente Flavio e Teresa si concessero una lunga passeggiata in vespa fino a Marsaxlokk. La scusa era di visitare il luogo dove era sbarcato l’esercito ottomano nel tentativo di annientare i Cavalieri In realtà Flavio aveva trascinato Teresa in quel posto perché aveva appreso, consultando la guida, che era un paese pieno di pescatori e in qualunque locale si mangiava del pesce freschissimo. Se proprio non sapeva cucinare così divinamente come la sua amica, si sarebbe per lo meno sdebitato invitandola a una cena a sorpresa.
[…]
La cena era stata abbondante. Flavio e Teresa si erano spartiti degli enormi vassoi di risotto, pesce e grigliata mista. L’unica cosa che non era stata equamente divisa era il vino. Flavio, essendo un ragazzo con la testa sulle spalle, si era limitato a due piccoli bicchieri, mentre Teresa si era scolata il resto della bottiglia, dimostrando ancora una volta, a dispetto della sua linea, di non essere soltanto una buona forchetta ma anche una bevitrice di tutto rispetto.
A differenza di tutte le altre volte, però, l’alcol l’aveva resa inaspettatamente più euforica. Il vino le era salito subito alla testa, e durante quella nottata ebbe modo di dimostrarlo con più decisione.
Il primo segno fu l’abbraccio particolarmente stretto con cui si aggrappò a Flavio mentre viaggiavano in vespa. Il ragazzo non comprese se era dovuto più all’euforia o alla paura di essere sbalzata dal sellino. Si domandò ripetutamente quale fosse la causa, ma non riuscì a concentrarsi sulla risposta.
(tratto da “L’isola del tempo” di Giuseppe Raudino – © Giuseppe Raudino 2006)
“L’isola del tempo” di Giuseppe Raudino è la storia di una profonda e appassionante avventura vissuta da due ragazzi che si incontrano casualmente a Malta dopo anni di lontananza.
Flavio e Teresa sono i giovani protagonisti di questo romanzo. Entrambi amano viaggiare, entrambi adorano spostarsi a bordo di una PX 125 per le stradine sterrate dell’isola, dove spesso pesanti muri a secco delimitano la carreggiata e l’odore del timo che vi cresce a ridosso si imprime nella loro memoria mentre sfrecciano accanto con la Vespa.
La campagna maltese è deserta e taciturna; i centri di villeggiatura, lungo le coste, sono invece movimentati e spumeggianti. L’unico denominatore comune di questo contesto multiforme è lo scooter con cui i protagonisti si muovono in totale libertà, perlustrando un territorio dai paesaggi mozzafiato e scoprendo persino eredità culturali ancora vivide e profonde che diventano un gioco di storie e tradizioni.
Malgrado si tratti di un romanzo fresco e giovanile, oltre alle vicende narrate l’opera offre una dettagliata e accurata ricostruzione storica delle principali tappe che hanno portato il glorioso e potente Ordine dei Cavalieri di San Giovanni ad approdare sulle isole maltesi e a diventare famoso in tutto il mondo con il nome di “Cavalieri di Malta”.
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1998 - 2022 Marco Cavallini
ultimo aggiornamento 20/10/2021