Nel tornare all'hotel, do un'occhiata ad un internet cafè e, malgrado siano le undici
di sera, è molto affollato e con un'utenza variegata: studenti, uomini adulti e donne
anche velate segno che comunque in questo paese tradizione e progresso convivono tranquillamente.
L'indomani ci aspetta l'ottimo Mooloud, la nostra esperta guida che ci condurrà a
vedere alcuni graffiti rupestri, niente in confronto a quelli del deserto libico, ma interessanti
e soprattutto inseriti in un paesaggio che ci affascina ogni giorno di più: chilometri e
chilometri di nulla!!
Ci rinfreschiamo in un'oasi che sembrava lì apposta ad aspettarci. Riesco ad organizzare
una visita ad una scuola, facendo felice Carla; siamo tutti emozionati di fronte al saluto cantato
dei bambini che si alzano in piedi di scatto quando veniamo accompagnati nelle aule dai
gentilissimi maestri: sono forse questi i momenti più emozionanti dei viaggi. L'indomani
incontreremo un'altra scolaresca, ancor più festante perchè in gita alle piscine
naturali di Amtoudi e qui verremo bersagliati di fotografie e ci verrà impedito di partire
fino a che tutti insieme non improvvisiamo una stonatissima canzone italiana che però
soddisfa alla grande il nostro curioso pubblico. Tra canyon che si aprono improvvisi di fianco a
noi e gli unici posti di blocco di tutto il viaggio (siamo vicini al Sahara occidentale, n.d.r.)
arriviamo finalmente ad Amtoudi dove alloggeremo in modo decisamente spartano nell'unico hotel,
sistemando i nostri sacchi a pelo su materassini di gomma piuma, per poi scoprire che senza volere
abbiamo fregato il posto ad una troupe della RAI che ritroveremo domani, intenta a fare un servizio
sul sud del Marocco e affascinata come noi dal fantastico agadir Id Aissa che si erge su uno
sperone sopra alle nostre teste.
Ci vorrà solo una mezz'ora per raggiungere la cima
ed essere accompagnati all'interno dal simpaticissimo Alì, l'anziano custode dell'agadir,
per poi camminare nei suoi stretti spazi e ammirare il favoloso panorama sottostante. Tutta la gola
benchè ancora poco conosciuta al turismo non ha assolutamente niente da invidiare alla
favolosa gola di Todra. Abbiamo il secondo (e ultimo!) problema del viaggio: nello sconnesso pezzo
di strada che ci ha portato ad Amtoudi, un sasso ha forato il serbatoio e perdiamo benzina. E' la
volta buona che io e Carlo sperimentiamo le nozioni che imparammo da piccoli sul manuale delle
giovani marmotte, e cominciamo a tappare la falla con del sapone, e senza perdere fiducia di
fronte all'iniziale insuccesso, dopo una buona mezz'ora coricati sotto la macchina, il gocciolio
si ferma. Verifichiamo la riuscita dell'esperimento (non perderemo più carburante nei
prossimi, tanti, chilometri che ancora ci separano da Marrakech) e ci dirigiamo verso l'oceano
dove ci accoglie la bella e bianca cittadina di Sidi Ifni.
Mi presento alla reception dell'hotel con il mio ormai collaudato francese ma vengo subito
interrotto: qui si parla prevalentemente spagnolo! Il mio cambio repentino di linguaggio crea
subito un notevole sorriso sul viso di tutti, stanchi e meno stanchi, ma dopo due agognatissime
birre bevute davanti all'oceano, comincerò ad arrangiarmi bene anche con lo spagnolo!
Il gentilissimo Amid ci serve la prima cena del viaggio a base di pesce, accompagnata da sorprendente
musica cubana (strani effetti della globalizzazione!) e dopo giorni e giorni di caldo, passiamo
la prima notte avvolti nelle coperte e qualcuno purtroppo pagherà questo improvviso cambio
di clima con mal di testa e un forte mal di gola. In mattinata facciamo una passeggiata per la
cittadina, in stile spagnoleggiante e completamente differente da tutti i paesi visti fino ad ora.
Non ci lasciamo sfuggire una passeggiata nell'immensa spiaggia El Gzira delimitata da archi
naturali, per poi ridirigerci verso l'interno, e superate le prime piante di argan ci troviamo nel surreale paesaggio di Tafraoute: piccole montagne fatte
di rocce appoggiate l'una sull'altra che sembrano dover cadere sulle case sottostanti da un momento
all'altro, un paesaggio decisamente irreale che un presunto artista belga ha reso ancor meno
reale pitturando alcune rocce di blu, il che ci lascia tutti delusi. In compenso in serata avremo
la possibilità di mangiare tajine con uvetta mandorle e prugne secche, uno dei migliori
piatti del viaggio, tanto che nessuno si lamenta se il piatto è bollente perchè così
ce lo possiamo gustare con "insolita" lentezza per poi dedicarci all'acquisto delle ottime e
tradizionali babouche: tipiche scarpe simili a pantofole gialle che sono il maggior prodotto
locale.
La zona attorno a Tafraoute è contornata da villaggi caratterizzati dalla presenza di
"maison traditionelle" ovvero case differenti dalle altre che spiccano per grandezza e originalità
architetturale, suddivise su tre piani e importanti per la produzione di pasta e olio derivati
dall'argan (pianta citata da tutte le guide perchè rischia l'estinzione a causa delle
capre che vi salgono in cima e sono golose delle sue foglie). Durante la nostra visita ci vengono
mostrate tutte le fasi della lavorazione e mentre ci viene offerto il tè, Sonia viene
"assunta" come modella per provare i bei vestiti tradizionali delle donne locali, completamente
neri e contornati da stupende rifiniture argentate, e ovviamente atti a ricoprire interamente il
corpo della donna. Dopo l'inaspettato spettacolo e l'atteso tè alla menta ci rimettiamo
in moto per cercare un'altra kasbah, alla mia richiesta fatta ai bambini di un paese mi viene
risposto in coro: Jamal!. Non capisco e un bambino ci accompagna a Tarouzgannt, una bella kasbah
arroccata sulla cima di una collina e mentre la visitiamo il nostro bambino-guida ci avverte
desolato che Jamal dorme e finalmente capiamo che questi altri non è che uno dei pochi
abitanti rimasti nella kasbah, ed in pratica ne è il custode.
Dopo ore e ore di tornanti
siamo "finalmente" nel caos cittadino di Taroudannt, e durante la visita alle concerie tra forti
odori di coloranti la nostra Sonia, convinta vegetariana e amante degli animali, non regge alla
vista delle pelli e se ne scappa a giocare con dei simpatici bambini. Ci dirigiamo nuovamente
verso l'oceano che costeggiamo fino all'entrata di Essaouira, dove siamo costretti a parcheggiare
le auto molto distanti dal centro perchè tutta la cittadina è accerchiata di
transenne per consentire che si svolga senza intoppi il famoso e attesissimo Festival de la Gnaoua.
Scopriremo subito con gioia che in questi quattro giorni a Essaouira si è dato
appuntamento tutto il Marocco, comprese le nostre guide del deserto e Amid (lo spagnoleggiante
gestore dell'hotel di Sidi Ifni) che ci farà da guida nella notte per assistere agli
improvvisati concerti e balli che coinvolgono tutta la popolazione trascinata a ritmi vorticosi
dal suono delle gnaoua: delle specie di nacchere in alluminio, strumento musicale degli schiavi
provenienti dal sud. Essaouira è già di per sè uno dei paesini più
belli e accoglienti di tutto il Marocco, ma questo avvenimento la rende veramente eccezionale,
così come eccezionali sono alcuni dei personaggi che si alternano sul palco della manifestazione:
il grande Cheb Mamè (idolo locale e di buona parte dell'Africa del Nord), alcune vocalist
del Mali e della Mauritania con una voce da brividi, per non dimenticare un ballerino anziano che
entusiasma tutto il pubblico con le sue mosse.
Dopo aver assistito all'inizio sfolgorante di
questo festival e aver ballato tutta la notte insieme ad anziani e bambini (alla mattina saremo
più stanchi che dopo un lungo trekking!! n.d.r.), ci piange il cuore ma dobbiamo spostarci
a Marrakech, dove "comunque" avremo modo di rimanere affascinati sia dalla città,
che dal suo souk in cui lavorano pił di 100.000 persone (con circa 35.000 negozi e 12.000
laboratori artigianali) e dalla vivacissima piazza Djema el Fnaa.
Assistiamo ad alcuni
spettacoli di giocolieri e ballerini, incantatori di serpenti e cantastorie, mi cimento con la
difficilissima pesca della bottiglia; ci incamminiamo tra le bancarelle per mangiare qualcosa e
per vedere quale cuoco riesce a farci diventare suoi clienti con il solo utilizzo della sua
simpatia, e la vittoria quest'anno va all'allegra brigata della bancarella 22.
Riusciamo anche
ad assaggiare la pastija, una tradizionale tortina che ci dicono farcita con pezzi di pollo ma
che nella ricetta originale contiene carne di piccione. Come in tutti i viaggi ci vuole anche una
buona dose di fortuna, e a noi ci viene incontro nelle sembianze di Hafim, un'anziana guida che
incontriamo per caso e che ci accompagnerà in una straordinaria visita della città,
dei suoi monumenti come il Palazzo della Bahia (che ci entusiasma più per le cicogne che
per la sua architettura!) e del souk di cui ci farà vedere ogni meandro illustrandocelo
con la sua innata simpatia e notevole conoscenza.
Se il viaggio è stato ottimo, inutile dire che i ringraziamenti vanno alla gentilissima
Carla, al fratello Giorgio, all'infaticabile autista Carlo, al "sempre tutto bbène"
Ignazio, al tuareg Mario, alla cantante Alessandra e alla "giovane" Sonia!
E come si suol dire: non c'è due senza tre, quindi Marocco aspettami ancora ... inchallah!!
Fotografie e itinerario del viaggio nel Sud del Marocco
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1998 - 2022 Marco Cavallini
last updated 20/10/2021