21 Gennaio 2002 Salto Angel
Durante la notte piove; mi sveglio più volte e dopo le cinque non riprendo più sonno. Alle 06.15 albeggia ed
in pochi secondi è subito giorno; lentamente tutti si alzano e dopo la colazione siamo pronti per l'avventura. La
giornata è serena, il fiume è alto; condizioni perfette che ci consentono di abbassare ad un'ora e mezza il
tempo del nostro spostamento con la lancia. Se non avesse piovuto, come spesso accade nella stagione secca, ci sarebbe
voluto molto più tempo: circa 4 ore ci confida Francisco. Risaliamo il rio Carrao, sino ad incontrare il rio Chorun,
nelle cui acque proseguiamo il nostro viaggio. La canoa fila veloce e a tratti si inclina paurosamente a causa dei repentini
spostamenti verso destra e verso sinistra, che si rendono necessari per evitare le secche; è un'avventura
nell'avventura! Gli schizzi sono molto frequenti e copiosi, tanto che a volte sembrano vere e proprie secchiate d'acqua.
Indosso il K-way, come consigliato dalle stesse guide, una maglietta ed il costume, ma ho commesso un grosso errore; mi sono
infatti messo le scarpe da tennis, che ormai sono inzuppate d'acqua! Grossa stupidaggine, visto che si asciugheranno dopo
giorni! Consiglio utile: negli spostamenti in canoa, indossare sempre i sandali e portare le scarpe in un sacchetto di
plastica; così facendo resteranno asciutte e potrete usarle tranquillamente per l'escursione e per i giorni
successivi! Anche la macchina fotografica è ben protetta in un doppio sacchetto di plastica; perdere le foto di
questo viaggio sarebbe imperdonabile. Lo scenario che mi circonda è incredibile; bello, selvaggio, incontaminato e
affascinate. L'acqua del fiume ha un colore particolarissimo; sembra infatti tè, talmente è ambrata. Causa di
ciò è il tannino contenuto nelle piante circostanti. Dopo circa un'ora e mezza di lancia giungiamo al secondo
campo base, dove al termine dell'escursione torneremo a mangiare; abbandoniamo le lance e lasciato il superfluo, proseguiamo
l'escursione a piedi. Tuttavia, tra le fronde degli alberi, da lontano, è già possibile vederlo. Maestoso, di
fronte a noi si staglia il Salto Angel; un filo d'acqua ininterrotto, che si lancia dallo "Auyan Tepui". Quasi mille metri
di cascata, la più alta al mondo.
L'ascesa sino ai piedi della cascata dura circa un'altra ora e mezza e si sviluppa completamente all'interno della foresta
tropicale, seguendo uno stretto sentiero, costellato di radici e rocce, che forniscono dei gradini naturali, tanto comodi,
quanto scivolosi. La vegetazione che mi circonda è impressionante. La foresta è viva, sembra quasi che respiri,
ne percepisci la presenza, la forza, la purezza; mi avvolge completamente e dopo pochi passi, la luce si attenua e il cielo
svanisce tra le sue fronde. Durante la prima ora di cammino il sentiero è agevole e di media pendenza; poi, però,
nell'ultimo tratto, diviene ripido e impervio e i venti minuti finali dell'ascesa, per raggiungere il "mirador", sono
abbastanza impegnativi. E' il preludio al clou della giornata.
Improvvisamente, infatti, usciti dalla boscaglia mi ritrovo di fronte a sua maestà il Salto Angel (in lingua locale,
"kerepakupai mero"). Non mi sono mai sentito così piccolo in vita mia; è imponente, maestoso, immenso nel suo
chilometro di salto. Durante la stagione secca è costituito esclusivamente da una sola colonna d'acqua, ma in quella
delle piogge, è formato da 14 grandi e 6 piccole e l'accesso al "mirador" è molto difficile e disagevole,
visto che si viene letteralmente investiti dalla brezza generata dalla cascata. Le foto che ho fatto non renderanno mai
giustizia a questo prodigio della natura, che porta il nome del pilota inglese Jimmy Angel; riguardandole, mi rendo conto
che la macchina fotografica, questa volta, non è stata in grado di ritrarre la bellezza di questo colosso; per
riuscire a spiegare l'emozione che mi ha dato trovarmi lì, dovrei essere così bravo da descrivere la fatica,
gli odori, i rumori, il clima e mille altre peculiarità, che hanno reso questa esperienza unica e indimenticabile. Le
emozioni non sono però finite qui; la stagione secca, infatti, ci riserva un'altro privilegio. Torniamo sui nostri
passi e scendiamo un poco, sino a giungere ad un laghetto, formato dall'acqua della cascata nel punto in cui si trasforma
in ruscello e prosegue la sua discesa verso il rio Chorun. Qui è possibile fare il bagno, ai piedi del Salto Angel!
Da questo punto di vista mi sembra ancora più affascinante; se lo si guarda per qualche minuto, ci si rende conto che
non è una semplice cascata, visto che sotto l'effetto del vento, il suo aspetto cambia continuamente. La discesa
sembra molto più breve della salita, ma porta via un'oretta; giungiamo infatti alle 13.45 al campo, dove molto
volentieri consumo il pranzo. Verso le 15.00 riprendiamo la lancia e con un terzo in meno del tempo, raggiungiamo Aonda,
dove passeremo nuovamente la notte. Trascorro le ultime ore del pomeriggio al sole, che alle 17.30 sparisce. Ripeto
l'esperienza del giorno prima, che mi è molto piaciuta e invece di usare le docce, mi lavo nelle acque del fiume. La
cena non si fa attendere molto e devo dire che l'accolgo con entusiasmo, vista la fame; la cucina si conferma buona, ma la
quantità è appena sufficiente! Intorno alle 22.00, dopo esserci intrattenuti a parlare con Lisa, Russel, Tien
e la coppia di tedeschi, dai quali apprendiamo, che Zanzibar è fattibile anche con il solo volo, raggiungo la mia
amaca e buona notte a tutti.
22 Gennaio 2002 Canaima, Ciudad Bolivar
Sveglia alle 06.30 dopo una notte umida e freddina, colazione e partenza per il ritorno a Canaima. Riprendiamo le lance e
percorriamo a ritroso il rio Carrao; la lancia fila via veloce, favorita dalla corrente e in poco meno di un'ora e mezza
siamo a destinazione. Piccola passeggiata, costeggiando la laguna e la spiaggia di Canaima, quindi, dopo aver attraversato
il villaggio della Canaima tour, Francisco ci accompagna all'aeroporto, dove scopriamo che il nostro rientro è
fissato con il volo delle 14.30; sono solo le 11.30! Raggiungiamo il villaggio della Tiuna Tour, dove fatta una bella
doccia, ci mettiamo pazientemente in attesa. Fortunatamente non siamo soli; con noi ci sono infatti anche Lisa e Russel e
coloro che hanno optato per il tour di 4 giorni. Purtroppo per loro a Canaima c'è ben poco da fare e da vedere e il
giorno aggiuntivo è più un supplizio, che un piacere; inoltre il cibo non è compreso! Alle 12.45
pranziamo e facciamo una piacevole, quanto terrificante scoperta! Lisa e Russel, a cui siamo abbinati per il viaggio di
ritorno, sono venuti direttamente da Ciudad Bolivar in aereo, quindi, presumibilmente, anche il ritorno sarà uguale:
mi aspetta un'ora di Cessna! Sono contento, perchè evito le quattro ore di buseta, ma al tempo stesso preoccupato di
come sopporterò l'ora di volo. Alle 15.00 ci portano sulla pista, dove con piacere noto che il Cessna è in
condizioni molto migliori di quello che mi ha portato a Canaima da La Paragua; anche il capitano, sembra più serio e
affidabile, anche se il pretesto per giustificare il ritardo di trenta minuti è un tantino allarmante: si è
rotto un sacco di cemento durante l'atterraggio! Il viaggio di ritorno si rivela tranquillo, anche se attraversiamo diversi
nuvoloni carichi di pioggia; riesco anche ad addormentarmi. Alle 16.00 atterriamo a Ciudad Bolivar, dove ci congediamo da
Lisa e Russel. Provo a chiamare casa dai telefoni dell'aeroporto, ma non si riesce a prendere la linea. Un ragazzo peruviano
che lavora per un'agenzia di viaggio, mi consiglia di chiamare da un telefono a pagamento; prendo la linea, ma la
comunicazione è molto disturbata. Usciti dall'aeroporto saliamo su una buseta per raggiungere il paseo, ma sbagliamo
direzione. Quando ci accorgiamo di allontanarci dal centro scendiamo e per tornare l'Hotel Caracas, siamo costretti a
prendere un taxi. Sul paseo c'è moltissima gente; la città sembra molto viva, ma è solo la prima
impressione! Decidiamo di dormire all'Hotel Caracas, dove per una doppia spendiamo 7.000 bolivares; chiaramente le stanze
sono consone alla spesa: usare il termine squallido è infatti un eufemismo! La camera è buia, calda e con
scarafaggi inclusi; il bagno, senza porta, lascia molto a desiderare.
Bisogna davvero dire, che l'Hotel Caracas è ottimo, esclusivamente, come punto di riferimento per acquistare il tour
al Salto Angel o, con la "Expediciones Dearuna", i tour di 2/3/4 giorni nella Gran Sabana. Per quello che riguarda il
pernottamento, stendiamo un velo pietoso; tuttavia, se dovete fermarvi solo una notte, il prezzo, così basso, lo
rende interessante. A Ciudad Bolivar l'umidità è impressionante; fa veramente molto caldo. Quando usciamo, la
gente comincia a diradarsi e dopo le 19.30 in giro non si vede più nessuno. Percorriamo il Paseo per cercare un posto
dove mangiare, ma quelli che vedo sono veramente poco invitanti. Nessuno di quelli in cui entro, mi fa una buona impressione,
anzi mi sembrano tutti sporchi e improvvisati. In generale tutta la città mi appare sporca e squallida, ma sarei poco
obiettivo se non aggiungessi, che ho visto solo il paseo; tuttavia, a mio modesto parere, se riuscite a non fermarvi, è
la miglior cosa! Anche qui i bancomat non ci consentono di prelevare con la carta di credito e l'unico modo di ottenere
soldi è farsi fare un anticipo di contante; per fare questo, però, è necessario che la banca sia aperta!
Riusciamo a mangiare in un bar sul paseo a 500/600 metri a sinistra, uscendo dall'Hotel Caracas; il locale è molto
carino e caratteristico, ma la qualità e quantità del cibo, appena sufficiente. Sono abbastanza nervoso e devo
ammettere che Ciudad Bolivar è il luogo più brutto che ho visto sino a questo momento in Venezuela; pensare
che la guida ne parlava tanto bene.
Facciamo ritorno all'Hotel Caracas, dove sorseggiando l'immancabile polarcita, ci
intratteniamo a parlare con Francisco, uno degli operatori da cui è possibile acquistare i vari tour. Ci chiede di
scrivere qualcosa sul guestbook del Tour del Salto Angel e non ho difficoltà a farlo, visto che da questo punto di
vista, e mi ripeto, mi sono trovato benissimo. Facciamo conoscenza con Toni, un simpatico napoletano, che come noi, è
in giro per il Venezuela con la moglie e il figlio di 2 anni.
23 Gennaio 2002 Ciudad Bolivar, P.to La Cruz, Santa Fe
La notte di Ciudad Bolivar è caratterizzata da un caldo umido opprimente e devo ammettere che dormo proprio male.
Forse, però, molto dipende anche dalla pessima considerazione che ho maturato sulla stanza del Caracas! Appena svegli
ci rechiamo in banca per prelevare del contante. Andiamo al Banco de Venezuela, che si trova su una perpendicolare del
Paseo, fatti trecento metri a sinistra usciti dall'hotel. Apertura prevista per le 08.30; prendiamo quindi un cafè
negro nel bar di fronte e poi ci mettiamo in coda con tutti gli altri. Qui ci risparmiano la foto, ma la procedura per poter
prendere 100.000 bolivares (equivalente di circa 150 euro) ci ruba comunque mezz'ora. Pagata la stanza, usciamo dal
Caracas, attraversiamo la strada e prendiamo la buseta per il terminal; in circa venti minuti siamo a destinazione. Alle
10.00 arriva il pullman per P.to la Cruz, che quindici minuti dopo ci consente di lasciarci alle spalle la squallida
Ciudad Bolivar. Costo del biglietto, 5.000 bolivares. Verso le 14.30 arriviamo a Barcellona; da qui a P.to la Cruz la strada é breve, ma un inconveniente é in agguato : la superstrada é infatti interrotta a causa di una manifestazione !
Il pullman prende quindi una strada alternativa, ma comprensibilmente, c'é molto traffico, così per percorrere un
tratto di pochi chilometri, ci impieghiamo più di un'ora! Alle 15.47 entriamo nel Terminal di P.to la Cruz. Per
arrivare a Santa Fe, manca ancora uno spostamento, che è possibile fare con i "por puestos", ovvero, furgoni da 10/12
posti, che partono solo quando sono pieni. Si trovano facilmente, visto che sono parcheggiati lungo la strada, di fronte
all'entrata del terminal. Ci sono anche i telefoni della Cantv, quelli che funzionano molto raramente, almeno per ciò
che riguarda il collegamento internazionale; provo quindi a chiamare e miracolosamente, riesco a parlare con l'Italia.
Verso le 17.00 il "por puestos" lascia P.to la Cruz e in circa 45 minuti raggiunge Santa Fe; costo dello spostamento 1.000
bolivares. P.to la Cruz non mi fa una buona impressione, ma questo è soltanto un giudizio dato a pelle; in seguito
scoprirò, per bocca di altre persone, che non avevo sbagliato per niente: è molto cara, rispetto al resto del
Venezuela e brutta.
La strada che porta a Santa Fe, costeggia il litorale, che per il primo tratto non è per nulla invitante, visto che
ci sono i cementifici e delle grosse navi ormeggiate al largo. Abbandonata P.to la Cruz, però, il paesaggio ritorna
particolarissimo e sotto di noi si susseguono piccole baie con graziose spiagge, tra le quali intravediamo Playa Colorada.
Giunti a Santa Fe il "por puestos" ci lascia quasi sulla spiaggia, dove si trovano le uniche posade del paese. Leggendo la
guida, abbiamo deciso di andare alla "Posada Bahia del Mar", ma ci facciamo traviare da una signora che era sul "por
puestos" con noi, che ci consiglia la "Posada Cafè del Mar", la prima che si incontra sulla spiaggia, che fa anche da
ristorante, dove lavora. La stanza costa 8.000 bolivares e la prendiamo; è piccola e buia, ma pulita con un bagno
spazioso, ma spartano. Le stanze si trovano sul retro del ristorante e la posada ha due piani; a pianterreno, ci sono le
stanze con letti singoli, meno curate e più economiche, al primo piano, le stanze con letti matrimoniali e al secondo
una sorta di veranda con alcune vecchie sedie e due amache, dove comprata una bottiglia di ron e di coca, ci facciamo un bel
cuba libre come aperitivo. I tavoli del ristorante sono direttamente sulla sabbia della spiaggia, sotto un pergolato, di
fronte al mare; l'atmosfera è molto bella, soprattutto, se penso che è fine Gennaio! La sera ceniamo proprio
qui, in maglietta, con i piedi nella sabbia; del resto non ci sono alternative, visto che a Santa Fe oltre a questo c'è
solo un'altro ristorante, posto all'inizio della spiaggia, che però ha prezzi molto più alti. La cucina si
rivela ottima: prendiamo delle seppie all'aglio il cui sughetto è gustosissimo e ci invita all'italianissima
"scarpetta" e un filetto di sierra alla plancia, dall'aspetto e dal sapore molto simile al pesce spada. Il tutto,
chiaramente accompagnato da alcune polarsite! Costo del tutto: 8.800 bolivares. Mentre siamo al tavolo, sulla spiaggia
rivediamo Toni, il napoletano conosciuto a Ciudad Bolivar, che ci dice di essere alla posada "Bahia del Mar", di cui ci
parla benissimo e ci invita a passarlo a trovare; chiaramente, anche per curiosità di vedere a cosa abbiamo
rinunciato, dopo cena andiamo. Seguiamo la spiaggia e dopo trecento metri troviamo la posada; gestita da una signora
francese, l'impatto è subito molto positivo. Attraverso un cancello, si passa infatti, dalla sabbia ad un grazioso
giardino, ben curato. A destra, sotto un pergolato, c'è la cucina comune, due frigo e un gran tavolo a disposizione;
ai pali di legno, che costituiscono il pergolato, penzolano due amache, che fanno molto ambiente. A sinistra c'è una
doccia, dove ripulirsi della sabbia, rientrando dalla spiaggia e di fronte alcune sedie in pelle e due piccoli tavolini
bassi. Domandiamo se hanno una camera e visto che la risposta è affermativa, chiediamo di poterla vedere. Le stanze
si trovano, oltre che sul giardino, anche sul retro. Attraversiamo un piccolo corridoio e usciamo in un cortile; qui c'è
un secondo edificio, che fa sempre parte della posada, dove a piano terra, c'è la lavanderia, al primo piano, altre
due stanze. Sono veramente molto carine, pulite, ben curate e nella loro essenzialità, graziosamente arredate. La
decisione può essere soltanto una: l'indomani verremo a prendere possesso della camera!
24 Gennaio 2002 Santa Fe
Ci alziamo di buon ora e lasciamo "El Cafè del Mar" per andare a prendere la stanza libera della posada "Bahia del
Mar"; fortunatamente, nessun altro è arrivato nella notte, ne prima di noi la mattina, così la troviamo libera
e per 10.000 bolivares a giorno, la prendiamo. Nostra intenzione per la giornata è quella di fare il tour,
organizzato dal proprietario del "Cafè del Mar" alle piccole isole Caracas. Purtroppo, siamo solo io e Michele a
voler fare l'escursione, e per solo due persone la barca non si muove; minimo "sindacale", quattro elementi! Nell'inutile
attesa, conosciamo Sandro, un simpaticissimo ragazzo Argentino, con origini siciliane, ospite del "Cafè del Mar", con
cui passiamo il resto della giornata sulla spiaggia di Santa Fe. Quest'ultima è abbastanza lunga, di sabbia beige e
sufficientemente pulita; ci sono poche palme, ma in compenso su di essa si susseguono le posade. C'è anche il
telefono della "CanTv", che Michele di Bologna, conosciuto a P.to Colombia, ci ha assicurato funzionare anche per le
chiamate internazionali, ma nonostante provi diverse volte, non riesco a prendere la linea. Sotto la posada "Sietes
Delfines", c'è un piccolo bar, che ha dei tavolini sulla spiaggia; chiaramente non possiamo non approfittarne per
sorseggiare una polarcita e conosciamo Giuseppe e Paola dell'Isola d'Elba.
Anche loro stanno girando il Venezuela, ma a differenza di me e Michele che ormai ci stiamo avviando a terminare la nostra
avventura, Paola e Giuseppe hanno di fronte a loro ancora molti giorni, che spenderanno all' Isla Margherita e alle
fantastiche isole Los Roques. Non sarei sincero se non ammettessi di invidiarli un po', ma purtroppo il tempo a nostra
disposizione era limitato e tutto sommato, sono contento delle scelte che abbiamo fatto. Inevitabilmente il discorso cade
sulle reciproche impressioni del paese e in generale sia noi, che loro abbiamo maturato la stessa idea del Venezuela:
chiaramente positiva. Parlare la propria lingua a volte può far piacere e il tempo scorre via senza che neanche ci si
renda conto. Il tramonto così non tarda ad arrivare e obiettivamente, chiude una giornata molto tranquilla. Tornati
alla posada, la signora ci comunica che ci sono altri due ragazzi che vogliono unirsi a noi per l'escursione alle isole
Arapo, Arapito e la piscina; la cosa ci fa molto piacere, visto che potremo tirare un po' sul prezzo e risparmiare
qualcosina, che non è mai una brutta cosa! Prima di raggiungere il "Cafè del Mar", dove ceneremo in compagnia
di Sandro, ci fermiamo a casa di William, il pescatore, che ci porterà a fare l'escursione, e Michele riesce
nell'impresa di tirare sul prezzo: per il nostro "gruppo", il costo sarà di 3.500 bolivares!
25 Gennaio 2002 Arapo, Arapito e "la piscina"
Sveglia di buon mattino e come prima cosa, spesa al mercato, visto che per l'intera giornata saremo fuori. Sulla spiaggia
incontriamo Morten, che è arrivato nella notte e anche lui si unisce a noi per l'escursione. Provo nuovamente a
chiamare casa, visto che dobbiamo confermare il volo di ritorno, ma il telefono della spiaggia non funziona. Proviamo quindi
dall'altro apparecchio disponibile a Santa Fe, posto nel centro del paese, sulla strada, che porta alla carrettera, di
fronte alla chiesa. Dopo una breve coda, riesco a chiamare casa e affido a Roberta l'onere di confermare il volo; chiamo
anche Cinzia e anche con lei non ci sono problemi di comunicazione: meno male! Ritorniamo alla posada a recuperare gli
altri componenti del gruppo e alle 10.00 ci rechiamo da William. A noi si sono aggiunti altri quattro ragazzi: una coppia
francese e una italiana. Dopo un breve colloquio, in cui William mette in chiaro che il gruppo raccolto da Michele pagherà
3.500 bolivares, come da accordi, mentre i nuovi arrivati 5.000, come da lui richiesto normalmente, lasciamo Santa Fe alla
volta della piccola isola di Arapo. La giornata è splendida, il mare tranquillo, e la barca di William fila via
veloce, costeggiando la costa. All'improvviso avvistiamo un branco di delfini, William dirige la barca verso di loro e per
qualche minuto abbiamo l'opportunità di vederli da vicino, in libertà. Sono fantastici, perfetti nei
movimenti; solcano le onde eleganti e veloci e poi emergono in sincrono, mostrando per un breve istante la pinna dorsale.
Lasciamo a malincuore questi splendidi animali, i miei preferiti, e riprendiamo il nostro viaggio. William ferma la barca
tra l'isola di Arapo e Arapito, proprio di fronte ad un'altro minuscolo isolotto, su cui è presente una costruzione
apparentemente disabitata da anni: questo luogo viene chiamato "la piscina" e qui facciamo il bagno. L'acqua è
limpida e chiarissima, e sul fondale è possibile vedere il corallo. Indosso la maschera e comincio a scrutare il
fondale; è bellissimo, ricco di vita e di colori, non vorrei più uscire da questo piccolo gioiellino della
natura, ma il nostro tour non finisce qui, purtroppo.
Risaliamo a bordo e ci rimettiamo in marcia; circumnavighiamo un piccolo scoglio roccioso su sui sono appollaiati moltissimi
cormorani e rondini di mare, quindi William indirizza la prua verso la piccola isola Arapito e ci lascia sulla spiaggia; ci
accordiamo per essere ripresi nel pomeriggio. Stranamente vuole essere pagato subito e non al rientro a Santa Fe e, pur
fidandomi del nostro pescatore, verso i miei 3.500 bolivares, con qualche remora! L'isoletta è molto carina, con una
piccola spiaggia di sabbia chiara e diverse palme a garantire riparo dal sole, che picchia non poco; ci sono anche due
grosse iguane, che non sembrano affatto intimorite dalla nostra presenza. L'acqua è di un azzurro intenso e il
fondale è ricco di piccoli scogli, tra i quali nuotano moltissimi pesci colorati; sembra un acquario naturale. Resto
a mollo con la maschera per molto tempo, anche perchè verso riva le onde accumulano una quantità
impressionante di coralli e madrepore. Sembra tutto normale, ma sono convinto, che tra qualche giorno, ripensandoci, sarà
incredibile riflettere su dove mi trovavo! Alle 15.30 William ritorna a prenderci; è un po' presto purtroppo, ma lo
sbaglio è stato nostro a non aver indicato un'ora precisa per il rientro. Il ritorno mi sembra molto più
veloce dell'andata e in poco più di mezz'ora giungiamo sulla spiaggia di Santa Fe, da dove siamo partiti in mattinata.
Il sole è ancora alto, quindi ci prendiamo una fresca polarcita da Julio ai "Sietes Delfini".
Michele ne approfitta per chiedere quali siano le marche migliori di "ron" e Julio ci fornisci tre nomi sicuri: "Pampero
Anniversario", "Selecto" e "1860", affermando però che il primo è il migliore in assoluto, da bere liscio. Ci
indica anche che possiamo trovare un negozio che vende liquori, dove comprarlo, situato all'icrocio con la carretera, che
porta a P.to la Cruz. Visto che è ancora presto, ne approfittiamo; torniamo infatti alla posada, ci cambiamo e ci
dirigiamo sulla carrettera. Prendiamo la scorciatoia che si trova alla fine della spiaggia, poche centinaia di metri a
sinistra della posada e ripercorriamo a ritroso la carrettera verso l'incrocio con la strada che porta alla spiaggia. Ecco
la vera Santa Fe, non certo quella delle posade o del centro a ridosso della stessa; quella che vediamo è la parte
vera, povera, spoglia e squallida. Case in lamiera senza pavimento, bambini semi nudi che giocano con nulla, sporcizia e
degrado; anche questo è il Venezuela, povertà e indigenza.
Dopo una camminata di dieci minuti arriviamo all'incrocio e di fronte al piccolo spiazzo dove sostano le busete e i por
puestos, troviamo la distilleria. Compro il Pampero Anniversario e lo pago 5.000 bolivares; alla distilleria vicino al
mercato ce ne avevano chiesti 6.500! Al momento mi sembra caro, ma fra qualche giorno in aeroporto cambierò idea,
visto che lo vendono a 30 dollari! Incontriamo l'autista del por puestos con cui siamo arrivati qui a Santa Fe e gli
chiediamo a che ora parte il primo viaggio della mattina: ci conferma che già alle 05.00, "salgono" a P.to la Cruz.
La cosa ci rallegra e tranquillizza; potremo infatti sfruttare anche l'ultimo giorno a nostra disposizione e lasciare Santa
Fe il 27 mattina per raggiungere Caracas. Fatta la nostra spesa, scendiamo lungo la strada che conduce alla spiaggia di
Santa Fe e noto che a differenza della zona ad essa adiacente, qui ci sono moltissime persone; il paese è vivo e
frenetico. Arrivati a ridosso della spiaggia, nella zona del mercato, la gente svanisce e si cominciano a vedere solo i
pochi turisti presenti; incontriamo infatti Morten e Sandro seduti al Cafè del Mar! Portiamo il "ron" alla posada,
quindi raggiungiamo i nostri due compagni di viaggio per la cena. Pazzesco, due italiani, un norvegese e un argentino, che
comunicano tra loro fra spagnolo e inglese. Dopo cena io e Michele andiamo a farci una polarcita nel barettino di fronte al
mercato; qui i turisti non vengono volentieri di sera e infatti ci siamo solo noi due insieme alle persone del posto. Tutto
appare tranquillo e per nulla pericoloso; beviamo la nostra birra e rientriamo alla posada: domani è il nostro ultimo
giorno!
26 Gennaio 2002 Playa Colorada
Come sempre ci alziamo presto e dopo aver preso un po' di caffè alla posada ci rechiamo al mercato per comprare
qualcosa per la giornata, che abbiamo intenzione di trascorrere a Playa Colorada. Ne approfittiamo anche per telefonare a
casa ed avere conferma che tutto sia a posto per il volo, ma non troviamo nessuno. Al mercato compro anche un CD di merengue,
ma il mio interlocutore non mi da margini per contrattare e finisco per pagarlo 2.000 bolivares. Come abitudine prendo un
litro di acqua (500 bolivares) e completo la colazione con una sorta di bombolone al formaggio, molto buono, che mi costa
350 bolivares (prosciutto e formaggio, 400 bolivares). Recuperiamo Morten e prendiamo il por puestos per Playa Colorada:
costo del viaggio 500 bolivares. Sandro non viene con noi, perchè è rosso come un "camarones"!
Il tragitto sino a Playa Colorada è assai breve, circa 15 minuti e prima di giungervi abbiamo la fortuna di
osservarla dall'alto della strada; appare molto carina, con la sua sabbia di un beige brillante e molto intenso e le alte
palme a ridosso. L'acqua è di un verde tenue e diventa subito profonda; ci sono vari locali a ridosso della spiaggia,
dove poter bere e mangiare spendendo relativamente poco. Purtroppo è sabato e oltre che pittoresca, Playa Colorada si
rivela anche abbastanza affollata. Incontriamo Paola e Giuseppe e con piacere passiamo il pomeriggio insieme a loro. Alle
17.00 rientriamo a Santa Fe e riprovo a chiamare casa; questa volta trovo mamma, che mi ribadisce che il volo è
confermato. Chiaramente, chiamo anche Cinzia. Lasciamo la strada e prendiamo la spiaggia, ma prima di andare alla posada, ci
beviamo l'ultima polarsita da Julio ai "Sietes Delfines" godendoci il tramonto: fantastico!
La sera ceniamo con tutti gli altri al "Cafè del Mar": l'ultimo giorno è finito!
27 Gennaio 2002 Santa Fe, P.to La Cruz, Caracas, partenza
Ci svegliamo alle 05.15 e completato l'affardellamento dello zaino, lasciamo la posada "Baia del Mar". In poco meno di 15
minuti attraversiamo la piccola Santa Fe che ancora dorme e raggiungiamo l'incrocio con la carrettera, dove troviamo subito
un por puestos in partenza per P.to la Cruz; in un'ora e al prezzo di 1.000 bolivares raggiungiamo il terminal. Qui
prendiamo il primo pullman per Caracas della compagnia Los Llanos, che parte alle 07.30; costo del biglietto 10.000
bolivares. Come al solito è bello e comodo, ma l'aria condizionata porta la temperatura interna a 4 C°! Parte in
orario e dopo una sosta, circa a metà del viaggio in una sorta di autogrill del luogo, tra l'altro caro come il
fuoco, alle 12.45, giunge a Caracas.
Dal terminal in pochi minuti, percorrendo a ritroso la strada che già avevamo fatto 16 giorni prima, raggiungiamo la
vicina fermata della metropolitana: "La bandera". Acquistiamo il biglietto, zona gialla, a 350 bolivares e dopo aver
cambiato treno a "Plaza Venezuela" per prendere la linea, che va verso Pro Patria, scendiamo a "Gato Negro". La
metropolitana conferma la buona impressione che mi aveva fatto al mio arrivo: è pulita, sicura, nuova, funzionale e
architettonicamente uguale a quella di Milano. Usciti, si trovano subito i pullman, che portano all'aeroporto; il costo del
biglietto è di 2.500 bolivares e in poco meno di mezz'ora si giunge a Maquetia e si viene lasciati di fronte
all'entrata dei voli internazionali. Facciamo subito il check-in e scopriamo con piacere che il nostro biglietto comprende
la tassa di espatrio, che bisogna corrispondere alla propria partenza dal Venezuela; tuttavia tale tassa è aumentata
e di conseguenza, corrispondiamo solo la differenza: 11.000 bolivares (tale tassa dipende dal numero di giorni che ci si
trattiene, per un periodo di 16 giorni, l'importo era di circa 24 dollari). Spendiamo gli ultimi bolivares in aeroporto,
dove non riusciamo a trovare i francobolli per le cartoline, che partiranno così dall'Italia! In proposito vi
consiglio di cercare appena possibile un Correos, ovvero un ufficio postale se volete inviarle dal Venezuela, altrimenti
farete la mia fine!
Alle 16.55 ci imbarchiamo, molto mestamente e prendiamo posto sul nostro volo Alitalia, che in poco più di 8 ore e
30 minuti, ci riporta alla normalità di casa, ... sino al prossimo viaggio!
Questa opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons
1998 - 2022 Marco Cavallini
ultimo aggiornamento 19/10/2021