Quando arrivo nel centro di Buenos Aires sono circa le nove di sera ed è già calata l'oscurità.
Nel tragitto che devo percorrere a piedi per raggiungere l'albergo dove alloggio mi si
presenta una scena abbastanza scioccante: a tutti gli angoli delle strade ci sono uomini
e donne, per lo più molto giovani, che frugano tra l'immondizia. Il primo pensiero è di
incredulità: che fa questa gente? Poi penso tra me e me che tutto questo è più o meno
normale in una metropoli, per di più sudamericana: i poveri ci sono dappertutto.
Arrivato in albergo dimentico tutto e mi preparo per l'incontro del giorno seguente con
Hebe de Bonafini.
La sede dell'associazione "Las madres de Plaza de Mayo" è in pieno centro di Buenos Aires,
proprio di fronte al palazzo del congresso. La sede vera e propria dell'associazione si
trova all'interno di un "Caffè letterario" che ha anche una biblioteca annessa con testi
di vario genere, dalla letteratura argentina fino ai saggi sulla situazione politica attuale.
All'ora prevista per l'incontro vengo accolto da una signora molto gentile che fa da segretaria
a Hebe: anche questa signora è sicuramente una madre che ha perso il proprio figlio al tempo
della dittatura militare. L'ufficio di Hebe è piccolo, stracolmo di libri, fotografie e
manifesti. Hebe mi accoglie con cortesia, seduta dietro un'ampia scrivania . Quando mi
chiede di presentarmi, io le dico che sono un membro di Amnesty International e che le porto
i saluti e la solidarietà di tutti gli amici e i compagni della sezione italiana di Amnesty.
Non faccio in tempo a rivolgerle la prima domanda sul tempo trascorso da quel primo giovedì del
1977 che Hebe comincia a parlare con una carica e una passione che mi lasciano esterrefatto.
Ecco: quello che più mi colpisce di Hebe è la sua incredibile combattività che percepisco dal
tono della sua voce e da ciò che mi racconta. La prima cosa che mi dice è che i responsabili
della scomparsa dei suoi figli, e dei figli delle altre madri, sono ancora in circolazione.
Però le madri non vogliono dimenticare né perdonare: perciò oggi chiedono giudizio e castigo
per i colpevoli e carcere per gli assassini. Le madri dell'associazione non vogliono avere a
che fare con simboli di morte. Loro si battono per la vita: i loro figli sono morti però
tornano in vita con la lotta delle madri. Non a caso i fazzoletti che le madri portano sul
capo hanno ricamata una scritta molto significativa: "Aparicion en vida de los desaparecidos"
(apparizione in vita degli scomparsi). A ribadire che la lotta delle madri è per idee che
"parlano" di vita e non di morte, Hebe mi racconta che in questi anni l'Associazione è riuscita
a creare questo Caffè letterario, una libreria, una biblioteca e anche una università con tre
corsi e più di duemila iscritti. Al termine dell'incontro Hebe mi da appuntamento al
pomeriggio per marciare assieme alle madri in "Plaza de Mayo": oggi infatti è giovedì.
All 15.30 con grande puntualità, Hebe assieme ad una ventina di madri dell'associazione, e
ad alcune decine di persone che le appoggiano nella lotta, cominciano a camminare attorno
all'obelisco della piazza. Portano uno striscione con la scritta "No al pagamento del debito
estero" a dimostrazione che l'associazione è impegnata su diversi fronti, primo fra tutti la
lotta per una società più giusta che non dimentichi i poveri, i disoccupati, gli emarginati.
Al termine della marcia Hebe da appuntamento alla sera per una manifestazione in appoggio
al presidente Kirtchner e contro l'ingiustificato aumento dei prezzi, attuato da un paio di
compagnie petrolifere straniere, Esso e Shell.
Questa è una manifestazione di "piqueteros", ossia giovani, per lo più donne, che non hanno mai
avuto un lavoro oppure che lo hanno perso durante gli ultimi anni di crisi economica. Sul palco,
oltre ai leader del movimento, si presenta anche Hebe per sostenere con forza la loro lotta.
Parlando con alcune ragazze che partecipano alla manifestazione scopro che tutte queste persone
vivono in barrios (quartieri) periferici di Buenos Aires dove mancano tutti i servizi
essenziali: dalla sanità dall'istruzione, dal sistema fognario al cibo per i bambini.
Il movimento "piquetero" infatti è formato da due anime che si sono unite in occasione
della crisi del 2001: un'anima più tradizionale guidata da movimenti sindacali e politici,
in opposizione alle politiche governative, che raccoglie soprattutto lavoratori disoccupati
e un'anima più nascosta che ha colto questa occasione per rendersi finalmente visibile. Si
tratta di quella parte della popolazione che ha sempre vissuto nei quartieri periferici delle
grandi città, vivendo di lavori saltuari o di espedienti, senza alcuna visibilità politica,
che ora ha acquistato una coscienza sociale e politica. Questo settore della popolazione
privo di lavoro, che per anni è stato dimenticato dalla politica nazionale e internazionale,
è riuscito ad organizzarsi e ha assunto un ruolo politico e sociale con cui oggi il governo
nazionale deve fare i conti.
Il giorno dopo la manifestazione ho la fortuna di conoscere un po' meglio la realtà dei
"piqueteros". Infatti sono riuscito a fissare un incontro con alcuni membri di
"Barrios de Pie", che è appunto una tra le numerose organizzazioni di "piqueteros"
che ha le sue radici nei quartieri più poveri di Buenos Aires: il nome infatti significa
"Quartiere alzati in piedi".
Questo movimento è nato come altri nel 2001 nel periodo più nero della crisi economica
argentina che però affonda le sue radici a metà degli anni '90. In quel periodo, infatti,
Menem, allora presidente argentino, ha avviato una serie di politiche neo liberiste che
hanno portato il paese alla rovina. Tra queste sicuramente vanno ricordate: la privatizzazione,
o meglio svendita alle grandi corporation straniere, di tutte le imprese pubbliche argentine,
che ha avuto effetti pesantissimi sulla occupazione, l'introduzione del lavoro a termine e
flessibile, la cessione ai municipi delle competenze su sanità e educazione. Le statistiche
sullo stato attuale della popolazione argentina sono molto eloquenti: più del 40% delle persone
vivono sotto la soglia della povertà, il 20% è addirittura indigente; la disoccupazione
raggiunge percentuali altissime: 13% di disoccupati e 15% di sotto-occupati. Inoltre occorre
tenere presente che soltanto un paio di anni fa la situazione era molto peggiore. A partire
da questo quadro i movimenti "piqueteros", senza abbandonare l'obiettivo principale di ottenere
un lavoro degno per tutti gli argentini, si sono impegnati per mostrare con evidenza a tutta
la società e al governo argentino le condizioni di fame e povertà in cui vivono milioni di
persone, al fine di rompere il muro di silenzio e ottenere una risposta politica. Io ho potuto
vedere con i miei occhi queste condizioni di estrema indigenza quando sono andato a visitare un
barrio periferico di Buenos Aires. Per raggiunge il municipio S.Juarez sono sufficienti 45
minuti di treno dalla stazione Retiro, in pieno centro di Buenos Aires. Appena sceso dal treno
mi trovo in un quartiere "normale", certamente non ricco ma dignitoso. Ma basta camminare
5 minuti per giungere al barrio Corcoba, un mondo completamente diverso. Non ci sono più
strade, né fogne, né case vere e proprie. Ci sono invece solo baracche, sentieri di terra a
tratti invasi da acqua e fango, spazzatura che aspetta di essere raccolta (quando?).
Silvia e Coti sono le due attiviste di "Barrios de Pie" che mi accompagnano: mi dicono che
questo è un quartiere "olvidado" (dimenticato), che non esiste per la amministrazione
municipale, abitato soltanto da "cartoneros".
E i miei pensieri corrono ad un paio di sere prima quando nel centro di Buenos Aires
avevo visto persone frugare tra l'immondizia ad ogni angolo di strada. L'attività di queste
persone consiste nell'andare nel centro della città per cercare tra l'immondizia cartone,
plastica e lattine, separarli e poi rivendere tutto ciò per pochi soldi. Esiste addirittura
un treno che porta questa gente al centro di Buenos Aires nel tardo pomeriggio e la riporta
al barrio alla mattina presto: si chiama "tren blanco". Abbandonata da tutte le istituzioni,
la gente del barrio si è organizzata per far fronte alle emergenze più pressanti, prima fra
tutte la fame: qui infatti ci sono tantissimi bambini denutriti. Sono nati quindi dei
"comedores" comunitari, ossia luoghi dove è possibile mangiare gratuitamente,
destinati in particolare a bambini e anziani. Questi "comedores" sono gestiti da un gruppo
di persone che come tutte le altre svolgono l'attività di "cartonero", ma che hanno deciso di
organizzarsi per tentare di dare una risposta ai problemi più urgenti del barrio. Il denaro per
la gestione dei "comedores" viene dai pochi sussidi di disoccupazione che lo stato fornisce e
che vengono utilizzati per questi progetti comunitari. Oltre ad essere un "comedor", questo
centro è anche la sede di corsi di alfabetizzazione per adulti e di appoggio scolastico per
i bambini, vi si svolgono laboratori sui temi della violenza familiare sulle donne. Un altro
problema gravissimo nel barrio è quello della salute. Le emergenze sanitarie più pressanti
sono la denutrizione dei bambini e le infezioni, soprattutto all'apparato respiratorio, dovute
alla cattive condizioni igieniche. Anche se esistono strutture sanitarie pubbliche, per la gente
del barrio è quasi impossibile ottenere una assistenza sanitaria rispondente ai bisogni.
L'ospedale più vicino, che in realtà è soltanto una piccola infermeria, è priva di quasi
tutte le attrezzature sanitarie di base a causa della mancanza di fondi, che vengono diretti
altrove a causa di una corruzione politica ancora molto diffusa, soprattutto a livello locale.
Gli ospedali più attrezzati sono lontani ed inoltre le liste di attesa sono lunghissime ed il
personale non presta molta attenzione alle persone che arrivano dai barrios più poveri. Per
questo motivo nel barrio Corcoba, come in tanti altri quartieri, è nato un centro di salute con
"promodores de salud" che sono in grado di offrire una assistenza sanitaria di base e
soprattutto prestano attenzione ai bisogni della gente del barrio. Per i problemi più gravi i
"promodores" raccolgono collettivamente le richieste e si occupano di fissare gli appuntamenti
negli ospedali attrezzati. Per far fronte al problema della denutrizione è stato realizzato una
sorta di censimento dei bambini più a rischio, che vengono tenuti sotto controllo misurandone
con una certa frequenza altezza e peso. Infine nei centri comunitari si tengono periodicamente
riunioni per sensibilizzare gli abitanti del barrio sulle questioni politiche e sociali che li
riguardano più da vicino.
L'idea che mi sono fatto di questo barrio, è che si tratta davvero di un mondo a parte,
lasciato fino ad ora a se stesso, dove però la gente sta lottando non solo per la propria
sopravvivenza ma anche per ottenere una maggiore giustizia sociale e un proprio ruolo nella
vita politica del paese.
In conclusione, nel corso di queste giornate si sono mescolati i "desaparecidos", i
dimenticati del periodo della dittatura militare del 1976, e i "cartoneros", i dimenticati di
oggi. Ma si mescolano anche le "Madres de Plaza de Mayo" e i "piqueteros" che tengono viva la
memoria e lottano per fare luce sulle ingiustizie sociale del presente. Mi pare appropriata
la frase ricamata sui fazzoletti indossati sul capo dalle madri in piazza:
"Aparicion en vida
de los desaparecidos".