Sono sicuro che ho messo piede in parti che mai furono pestate da piede umano. Questa Patagonia interna a prima vista sembra tutta uguale. Il grande esploratore Darwin disse: “... In Patagonia non c’é nulla... “. Peró non é cosí. Il suo potere di affascinare é immenso e ad ogni passo grandi possono essere le sorprese.
Quella formazione di roccia oscura, nel mezzo di roccia chiara, che nessuno ancora sa che cos’é, o quell’affioramento di magma solidificato che mantiene congelata la forma come di una gigantesca onda che sta ricadendo su se stessa, o i resti di un bosco pietrificato che, a differenza di altri giá conosciuti e addirittura dichiarati monumento nazionale, é ancora totalmente sconosciuto, anche se perfino con i suoi pezzi di tronco ancora in piedi. ... Ed, ancora di piú, per tutta la vita, piante ed animali, che, in particolare in questi posti, mostra l’essenza del miracolo per come si sviluppa.
Anche nella interminabile costa oceanica abbiamo la stessa immagine. Se ci andiamo, sappiamo che lí siamo soli ed al di lá di dove arriviamo a vedere continua lo stesso... ed il giorno di ferragosto ( o il suo equivalente) non cambierá nulla in questi posti, che sarebbero cosí come sono anche se l’uomo non esistesse sulla Terra.
In realtá possiamo stare in compagnia, di foche, quelle grandi, di varie centinaia di chili, e pinguini, con i quali, con tutta indifferenza anche di loro, possiamo compartire la spiaggia ed il sole e fare un sonnellino nelle più tiepide ore pomeridiane.
... Il turista va in Patagonia a vedere le foche ed i pinguini nelle aree protette e famose al mondo. Gliele fanno vedere da ben lontano, soprattutto le foche, senza scendere nella spiaggia con loro. Ma questi sono punti isolati nella sconfinata Patagonia.
Credo che ho anche conosciuto il posto piú isolato della Terra, tra quelli che, in un certo periodo furono abitati. Le foto satellitali ci hanno portato lí, non per la “estanzia” (fattoria) abbandonata, che neanche si vede nelle nostre foto, bensì per la roccia che stavamo esplorando e la prospettiva di trovare qualcosa di buono ... ed anche qui valgono le famose leggi di “Murphy”, in questo caso quella che dice che il meglio sta sempre nei posti piú inaccessibili.
Lo stesso geologo locale, nato e vissuto in Patagonia, con molta esperienzia nelle sue terre, direttore della locale impresa mineraria statale, una volta condotto in quel bellissimo giacimento, mi chiese come diavolo avessi fatto a trovarlo. Le indagini poi rilevarono che si trovava in terre demaniali, di nessuno, cosí che se ne sarebbero potuti impossessare con un semplice tramite burocratico (trattandosi di burocratico il “semplice” é sempre relativo).
Lí, come detto, nelle vicinanze della base del giacimento c’é una estanzia abbandonata. Accedervi é stato relativamente difficile perché la strada di accesso, sempre con distanze patagoniche, era interrotta in vari punti a causa di un torrente che, nei suoi momenti di piena, si sbizzarriva a variare il suo percorso a piacimento. Solo grazie alla 4x4 con raggiri nel terreno naturale ed esperienza, riuscimmo a passare gli ostacoli.
La “estanzia”, in un occhio di piano un po’ piú verde che nei dintorni ed un piccolo lago vicino, tutto circondato dai rilievi rocciosi, fu abbandonata 10 anni prima, quando le ceneri vulcaniche delle quali ho giá parlato, particolarmente intense in questa zona, impedirono di continuare a mantenervi le pecore.
Sembra abbandonata d’improvviso, forse per il terrore di quel fenomeno. Non so se fu visitata qualche volta in questi 10 anni, ma tutto indicava che no. Le “estanzie” abbandonate, neglianni vengono piú o meno saccheggiate, ma questa, priva di cammini di accesso, non lo era per nulla. Chi saccheggia le “estanzie” generalemente non va con una 4x4.
Se non fosse stato per quella griggia sabbia molto fine che é la cenere vulcanica e che piú o meno, come una polvere, ricopriva proprio tutto, anche all’interno, spinta dai venti patagonici che avevano giocato parecchio con le porte e finestre lasciate aperte, sembrava come se la gente dovesse essere lí nei dintorni. Come se potesse tornare da un momento all’altro, rientrando nella casa, lasciata aperta, come abitualmente si fa. É tanto fuori dalle previsioni una possibile visita di altra gente, che l’ultimo che si pensa é di chiudere la casa andandosene.
Camicie stese, letti come appena usati. Tutto ció che era della cucina in parte come appena usato ed in parte pronto per essere usato. Certo il tutto mostrava evidenti i segni di un lungo uso e di una certa vecchiaia, peró questo é ció che si vede in ogni posto del genere, in qualche modo vissuto.
Chissá, forse vi vivevano ancora gli spiriti di questa gente, liberi di potere fare tutto ció che volevano, senza essere disturbati.
Guidati dalle mappe esistenti (pur sapendo di non potere fidarsi alla cieca), dalle foto satellitali e dalle tracce della pista, ancora visibili, decidemmo di continuare la traversata di questa zona tanto isolata, uscendone dall’altro lato, piú vicino al nostro campo base, ed anche per completare la nostra presa di contatto con l’area in esplorazione.
Fu un bellissimo percorso anche come paesaggio ed ambiente, vario ed interessante, grazie alla presenza di numerosi e grandi rilievi (potenzialmente tutti di nostro interesse), in misura maggiore della media.
Possiamo simbolicamente far coincidere la fine di questa traversata con l’incontro di alcune staccionate (i famosi “alambrados”), che invece di avere il loro normale cancello (il termine é “portera” ed in realtá non é ne una porta, ne un cancello, peró qualcosa di simile del quale non trovo una corrispondente traduzione esatta), risultavano chiuse coma da sempre e per sempre.
Grandissimo é stato il doppio stupore di uno di questi uomini soli che viveva in una “estancia” al di lá di questi “alambrados”, in una zona particolarmente montagnosa e pittoresca, con neve ancora nei punti di maggiore accumulo, dell’inverno piú rigido del normale, da poco finito.
Dicevo che il suo stupore fu doppio, quasi da colpo al cuore. Uno perché, come giá detto altre volte, questo é ció che provoca l’eccezionale evento di una semplice visita in questi posti. L’altro per il lato da dove era arrivata questa visita ... forse l’arrivo di extraterrestri avrebbe provocato lo stesso stupore.
Il cerimoniale di familiarizzazione con l’uomo fu sempre lo stesso e sempre semplice, con l’accoglierci in casa ed offrirci ció che aveva, in particolare le torte fritte, tipiche di queste zone, fatte con sola farina ed acqua (e sale eventualmente), fritte in grasso di vacca. E noi lasciando ció che si poteva, soprattutto di alimenti e tabacco. Mi ricordo come in particolare per il freddo e la neve ancora presenti, il nostro uomo indossava degli stivali da lui fatti con pelle forse di pecora, con il pelo lungo. Certo non i migliori per una sfilata di moda, però sicuramente erano ben caldi.
Cosí finimmo che ci raccontó tutto ció che poteva e, tra l’altro, che l’ultima visita anteriore alla nostra, risaliva a 8 mesi prima (l’estate anteriore), cuando, anche in quell’occasione lo visitarono tre che cercavano le pietre. Si ricordava del nome di uno di questi tre, un certo Mondello.
...Questi é il geologo capo dell’impresa. Lo stesso che mi chiese come diavolo avessi fatto a trovare quel tal giacimento ed uno degli altri due, che il nostro uomo non si ricordava, ero io stesso.
di Sergio Cucchiara (Uruguay)
Il primo racconto di Sergio è stato "L'importanza delle cose"
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ultimo aggiornamento 20/10/2021