Svezia
Il treno che arriva poco dopo ha le carrozze specificatamente divise per
destinazione. Alcune si staccheranno a metà strada e proseguiranno in
un'altra direzione: una sola di esse ferma a Luleå, qualche altro centinaio
di chilometri più a sud - est. Per raggiungerla ripasseremo di nuovo dal
Circolo Polare Artico, abbandonando le terre del sole perenne per non
tornarvi più. Prendiamo posto liberamente sulla carrozza, il controllore
valida i nostri biglietti stupendosi che non parliamo svedese (non si nota
che siamo italiani?), e possiamo finalmente dare l'ultimo vero saluto alla
Norvegia. Dopo una mezzoretta dalla partenza la voce del capotreno,
amplificata dall'altoparlante, ci informa che abbiamo oltrepassato il
confine e stiamo entriamo nella ben più vasta Svezia. Qui il paesaggio è
decisamente diverso da quello a cui siamo ormai abituati: i fiordi e le
maestose montagne onnipresenti lasciano spazio a delle interminabili foreste
di conifere alternate a betulle nane, talmente regolari che sembrano una
piantagione più che un bosco. Ogni tanto qualche grossa montagna rocciosa si
intravede, raramente qualche palude e fiumiciattolo, nel complesso è tutto
un po' monotono. Vediamo altri due arcobaleni, affascinanti come sempre, in
qualunque posto e condizione li si osservi. Che sia anche questo un presagio
di quanto di buono ci aspetta in territorio svedese?
Nella sterminata campagna che attraversiamo stanno girando stancamente delle
pale eoliche, con un variopinto tramonto sullo sfondo che non può non
emozionare anche il più insensibile dei viaggiatori. Per vederlo dobbiamo
girarci continuamente, ma a costo di farci venire il torcicollo non possiamo
perderci lo spettacolo. Stento a credere che quel gioco di colori sia dovuto
unicamente al pulviscolo atmosferico che devia i raggi solari tingendo di
rosso e arancione il cielo. Riconosco che è l'espressione palese di una
potenza nascosta ed onnipresente, che non siamo in grado di indagare ma che
lancia segnali così inequivocabili da non poter essere ignorati. Incrociamo
un'industria di legname, grande motore trainante dell'economia scandinava:
ivi giacciono centinaia di tronchi grezzi ammassati assieme, in attesa di
essere lavorati e trasformati ora in una sedia, ora in una scarpiera, ora in
una scrivania. Probabilmente abbiamo tutti in casa qualcosa che proviene
dalle foreste nordiche, dato l'enorme sfruttamento delle zone boschive.
Treni merci interminabili solcano lentamente le rotaie in direzione opposta
alla nostra, e ci divertiamo a contare il numero dei vagoni: il più lungo ne
ha ben sessantotto, di forma triangolare che mi ricordano molto i classici
vagoni per il trasporto del carbone. La disarmante ma affascinante monotonia
del paesaggio rallenta l'incedere del tempo, nonostante stiamo sfrecciando
molto velocemente sulle rotaie. Il mistero del tempo, così uniforme per un
osservatore insensibile alle vicende umane e così mutevole quando vissuto
nella dimensione dell'anima, è un altro che temo non verrà mai compreso.
Luleå
Alle undici, ora del nostro arrivo, c'è ancora una discreta luce. Prima
rivelazione poco incoraggiante è che la stazione dei treni è
irrimediabilmente chiusa. Dobbiamo scendere e fare il giro per uscire
immediatamente dal perimetro della stazione, prima che anche i cancelli
vengano serrati. La poca gente che è scesa insieme a noi dalla carrozza si
allontana in tutte le direzioni, disperdendosi nelle strade: nei pressi
della stazione rimaniamo solo noi due, probabilmente gli unici senza una
sistemazione sicura. Qualche decina di metri più in là, anche la stazione
dei bus ha le porte bloccate da robuste serrature e riaprirà solo la mattina
seguente alle sei e mezza. È tutta illuminata all'interno con le sue panche
di legno vermiglie, stranamente divise dal bracciolo sulla due terzi invece
che a metà. Attorno alle panche ci sono delle verdissime piante ornamentali
che fanno la loro bella figura, ed i tabelloni interni sono quasi sgombri da
informazioni, così come il tabellone esterno, che indica solo pochissimi
autobus per giunta in arrivo e non in partenza da essa. Intuendo che sarà
difficile che ci siano autobus notturni che ci possano portare subito in
Finlandia, comincio a preparare la panca per il pernottamento in stazione,
ormai quasi certo. Allestisco solo un posto, dovendo uno di noi rimanere
sveglio a turno per fare la guardia: nonostante la stazione non appaia come
una zona malfamata e vi sia la stazione della polizia dall'altra parte della
strada, è meglio essere prudenti. Stendo asciugamani, giacche, vestiti
inutilizzati e qualsiasi cosa che possa rendere più morbida la panca, ma con
scarsi risultati: è scomodissima e strettissima, e sono tutte conformate in
questo modo, dunque è inutile provarne un'altra. Passano più volte sulla
strada un paio di sbandati a bordo di un rumorosissimo motorino, poco
distanti da noi. Urlano ed aprono il gas completamente, facendo un baccano
infernale. Li maledico apertamente per avermi ridestato mentre stavo forse
trovando la posizione giusta per addormentarmi, ma per fortuna svaniscono
anche loro per le strade della città, senza più ritornare. Mentre decido di
rinunciare al mio proposito di dormire su quell'asse di legno, arriva il
primo autobus: Davide corre subito a chiedere informazioni sulle tratte
notturne, mentre lo seguo con uno sguardo solo vagamente speranzoso.
L'autista di turno non dispone di tutti gli orari degli autobus
internazionali, da cui ci invita ad aspettare il mezzo successivo, che
arriverà tra venti minuti: è quasi certo che nell'autobus del collega,
proveniente da più lontano, potremo trovarli. Così aspettiamo, meditando nel
frattempo possibili soluzioni su posti alternativi per dormire, ma non
trovando nessuna opzione soddisfacente: le chiese a quest'ora sono tutte
chiuse dalle loro enormi serrature, la stazione stessa è inaccessibile e
protetta da efficienti sistemi di allarme, niente bagni pubblici aperti,
insomma il nulla. La temperatura non sembra nemmeno troppo bassa, da cui
pensiamo di poter resistere tranquillamente per una notte fuori...in fondo,
che sarà mai?
Aiuola
Il secondo ed ultimo autista arriva col suo mezzo e ci informa che per
questa notte siamo a piedi: fino alla mattina successiva, non ci sono
autobus per Haparanda. Prima di sparire definitivamente insieme al suo bus
ormai vuoto, l'autista ci consiglia un albergo poco distante dove tentare di
trovare una sistemazione per la notte. Nisba: le porte sono sbarrate, si può
entrare solo digitando un codice sulla tastiera a muro, che logicamente non
conosciamo. Così ritorniamo verso la stazione passando attraverso una
collinetta erbosa con qualche albero sulla sommità, poco distante dalla
stazione e dall'adiacente negozio di dolciumi. Decidiamo di usare quella
piana erbosa come giaciglio improvvisato per la notte. È decisamente più
comoda di una panca di legno, se non altro ci si può sdraiare liberamente
senza impedimenti agli arti e ci possiamo girare senza cadere. Il freddo
inizia ad aumentare, perciò ci copriamo con tutti i vestiti che abbiamo a
disposizione, incluso il kee-way. Degli asciugamani stesi sull'erba fradicia
di condensa fungono da materasso per non bagnarsi completamente e per stare
un po' più comodi, gli zaini circondano il punto in cui poggia la testa così
da isolare il più possibile dal vento, i piedi sono infilati in un sacchetto
di plastica per ridurre al minimo la dispersione del calore. Abbiamo da due
a tre strati di pantaloni addosso, e abbiamo freddo lo stesso. Tocca a me
tentare di dormire per primo, ma non se ne parla proprio di addormentarsi:
il poco sonno residuo ora mi è passato completamente, sono nella fase in cui
si darebbe qualsiasi cosa per scivolare nel sonno ma il corpo non collabora.
Capendo che di questo passo non ci riuscirò mai, cedo volentieri il mio
posto a Davide e vado a farmi un giro nella stradina sottostante, in realtà
una pista ciclabile. Dalla nostra posizione sopraelevata possiamo vedere
tutti gli edifici attorno, con le luci rigorosamente spente, eccetto la
stazione: quell'ambiente riscaldato ed illuminato è terribilmente invitante,
ma assolutamente inaccessibile. Solo per un attimo una persona si avvicina
alle pesanti porte a vetri: è un addetto alla vigilanza, che dopo aver
controllato che gli allarmi siano in funzione riparte senza più farsi
vedere. Gli unici esseri umani che rimangono in zona sono un paio di
tassisti, che nella loro macchina riscaldata stanno fermi per qualche minuto
prima di ricevere una chiamata e ripartire, sparendo anche loro dalla nostra
vista.
Stella cadente
La rossastra luce del sole, fioca ma costante, si intravede sopra l'enorme
centro commerciale come un'alba dormiente che non si risveglia mai. Un altro
momento decisamente magico: nonostante la situazione sia piuttosto
disagevole, per un attimo le percezioni sgradevoli passano in secondo piano
mentre osservo nuovamente quei ben conosciuti colori. È la notte di San
Lorenzo: sarebbe veramente un bel colpo riuscire a vedere una stella
cadente. Così rivolgo gli occhi al cielo: grazie al cielo in buona parte
limpido vedo le lontanissime stelle che a milioni di anni luce da noi
bruciano ed esplodono in una frazione di secondo con una forza
inimmaginabile, creando tutta la materia che ci sta componendo ora.
Osservandole mi pare che si muovano, mentre in realtà sono ingannato dal
loro costante tremolio e dal freddo che sento, il quale altera un po' le mie
percezioni. Il mistero che racchiudono queste stelle così infinitamente
lontane ed immense mi fa ancora una volta riflettere e rimango ad osservarle
a lungo. Proprio mentre sto desistendo per la troppa immobilità e i dolori
al collo, finalmente vedo una stella cadente! È velocissima, percorre circa
metà cielo in meno di un secondo, per poi sparire in un lampo, così come è
apparsa. Il meteorite si è completamente vaporizzato al contatto con la
rovente atmosfera terrestre, lasciandomi un piccolo regalo che mi allieta
per qualche secondo la difficile permanenza nella morsa del freddo.
Notte gelida
La situazione, in un silenzio completo, potrebbe apparire addirittura
invidiabile, ma il freddo inizia a farsi davvero intenso: dopo le due di
notte i minuti sembrano ore, ogni tanto controllo l'orologio pensando che
sia passato ormai parecchio tempo, quando in realtà le lancette si sono
spostate avanti solo di una decina di minuti. Il freddo diventa sempre più
penetrante: è sì estate, ma ci troviamo pur sempre in un paese della Svezia
settentrionale, appena sotto il Circolo Polare Artico. Ogni tanto passano
delle persone in bicicletta sulla pista apposita, proprio davanti alla
nostra aiuola, coperti la metà di noi ma per niente sofferenti. Cosa ci
facciano in giro per il parco in bicicletta alle due di notte passate, non
riesco veramente a spiegarmelo. Forse hanno le percezioni del freddo simili
a quelle della piccola statua di bronzo che in mezzo all'erba del parco si
regge tranquilla sulle gambe, indifferente a tutto. Sono costretto a
camminare avanti e indietro senza sosta, saltellando per non congelarmi i
piedi, che stanno già perdendo buona parte della sensibilità. Tiro fino in
cima la cerniera lampo della giacca, alitando nel colletto per riscaldarmi
la zona delle giugulari. Ottengo come unico risultato quello di infradiciare
la giacca di vapore acqueo, senza per questo sentire alcun beneficio. Davide
si sveglia dopo aver dormito circa tre quarti d'ora, ormai sono le tre e
tocca a me cercare di dormire, anche perchè non ne posso più di stare in
piedi. Le poche panchine presenti sono completamente fradice e non posso di
certo sedermici. Mi sdraio al suo posto, cercando di dormire il prima
possibile per sottrarre i miei sensi a quell'ambiente freddo. Mi accorgo di
tremare come una foglia, cerco di sistemarmi in modo da sentire meno freddo,
e piano piano mi calmo riuscendo a prendere sonno, o almeno così pare. Forse
dormo venti minuti in tutto, ma è una stima ottimistica. Alle tre e mezza
sono di nuovo in piedi, con i sensi ottusi e faticando a capire se mi sia
realmente addormentato o no. In questi venti minuti scarsi il freddo si è
fatto insopportabile: stare fermi è ora impossibile. Guardo nuovamente il
cielo in corrispondenza della decisa sfumatura rosata all'orizzonte,
sperando di vedere il sole comparire, ma è un inganno: la luce non prelude
all'alba, rimane sempre beffardamente uguale e solo accennata, senza
riscaldare minimamente l'atmosfera. Prendiamo insieme a vagare senza meta,
cercando di riscaldarci con ben pochi risultati. Il tempo si è enormemente
dilatato e passa con una lentezza ancora più insostenibile di prima. Darei
qualsiasi cosa per poter entrare in un ambiente riscaldato. Ci aggiriamo per
le strade della città, cercando qualche locale aperto dove poterci
rifugiare, ma non c'è niente di niente. Tutti i negozi sono perfettamente
chiusi dai loro lucchetti, alcuni hanno le luci interne di guardia ancora
accese, altri sono completamente bui. Sulle mura di alcune case ci sono dei
bocchettoni: proviamo a scaldarci col getto d'aria come fanno i barboni, ma
è fredda e non ci è di nessun aiuto. L'unico posto aperto che incontriamo è
un hotel, nel quale però è meglio non provare ad entrare, potremmo essere
scambiati per vagabondi o ubriachi e cacciati subito, e in ogni caso che
senso avrebbe pagare adesso una camera d'albergo per sole tre ore? Dobbiamo
cavarcela da soli fino alle sei e mezza. I sei o sette strati di vestiti che
portiamo addosso sembrano non riscaldarci affatto, è quasi come non averli:
in questo momento la giacca piumino che ho lasciato a casa mi farebbe molto
comodo. I minuti però passano, lentamente ma passano: noi non ce ne
accorgiamo, ma piano piano arrivano le quattro, poi le quattro e un quarto,
poi le quattro e tre quarti, fino ai primi tenui accenni di un'alba, che qui
avviene molto presto. Dopo ore e ore passate così, intorno alle cinque la
prima luminosità del sole ci investe con i suoi benefici raggi. Finalmente!
Dopo la prima alba, mentre il sole sale lentissimamente nel cielo,
ricominciamo a scaldarci efficacemente. Il sangue riprende a circolare nelle
arterie periferiche con decrescente difficoltà, la mente si risveglia
dall'ottundimento. Piano piano i nostri corpi tornano in temperatura,
immobili di fronte alla luce per assorbire tutto il calore possibile,
spostandoci solo per essere investiti meglio dai raggi quando incontrano
delle fronde di alberi vicini che li attenuano un po'. Non serve più la
camminata forzata per non fare la fine dello stoccafisso che giace quasi
intonso nella tasca inferiore del mio zainetto, chiuso con lo scotch. Dopo
non molto però delle perfide nuvole nerastre, come mandate da un diavoletto
dispettoso, oscurano completamente il sole riportandoci in un attimo al
gelo: pochissimi secondi e ricominciamo ad avere freddo esattamente come
prima. Ritorniamo quindi a camminare per le vie della cittadina, maledicendo
le nubi. Quando vediamo i vetri delle automobili parcheggiate che sono
completamente coperti di ghiaccio, capiamo che stanotte deve aver fatto
proprio freddo! Con una lentezza esasperante arrivano le sei di mattina:
ancora solo una mezz'ora e potremo finalmente entrare nella stazione, per
rimetterci in sesto e successivamente prendere il nostro autobus che
arriverà dopo altre due ore. Il sole improvvisamente rifà capolino,
illuminando un tratto di strada del piazzale dei bus, verso il quale ci
spostiamo nel tempo di un battito di ciglia. I minuti passano ora un po' più
in fretta, finchè finalmente una donna, coi capelli raccolti e vestita solo
di una giacchetta leggera, si avvicina ad un entrata secondaria del
negozietto di dolciumi, entrando per non uscirne più. Deve per forza essere
la commessa che prepara il negozio per aprirlo: enorme il sollievo quando,
dopo aver armeggiato un po' all'interno e acceso qualche luce in più, la
vediamo uscire dalla porta d'ingresso per sistemare i quotidiani nuovi sui
supporti, muovendosi in fretta per non stare troppo fuori al freddo che noi
stiamo subendo da ore. Vorrei entrare immediatamente, ma è meglio aspettare
ancora qualche minuto finchè non avrà finito di sistemare il negozio, come
mi fa notare il mio compagno. Aspettare sessanta secondi in più ormai non fa
molta differenza. Appena possiamo spingiamo finalmente quella porta ed
entriamo anche noi, primi intirizziti clienti della giornata, con lo stomaco
vuoto da troppe ore ed ormai anch'esso in ribellione. Ci dirigiamo
immediatamente verso la macchinetta del caffè self - service, proprio
davanti a noi, preparandoci una colazione megagalattica: due enormi
cappuccini bollenti col croissant di contorno, più innumerevoli biscotti di
contorno prelevati direttamente dagli zaini. Fortunatamente possiamo pagare
con la carta di credito e non dobbiamo nemmeno cambiare i soldi. Il liquido
caldissimo scende giù nello stomaco bruciando piacevolmente al suo passaggio
nella gola e nell'esofago, rimettendoci in sesto poco alla volta mentre
l'indaffarata ma gentile commessa continua a sistemare il negozio,
indifferente alle nostre vicende. Di sicuro non ha la minima idea della
notte che abbiamo appena passato, e non ha nemmeno idea di quanto la stiamo
benedicendo e ringraziando per averci aperto quella porta, nonostante sia
solamente il suo dovere. Dopodichè ci sediamo su quelle panche che abbiamo
visto per tutta la notte da dietro i vetri, finalmente a noi accessibili.
Stravaccati sul legno rosso, nel caldo ambiente della piccola stazione e con
la pancia piena, il gelo è ormai un ricordo lontano.
Malessere
Mi sto quasi addormentando sulla strana panca su cui mi sono sdraiato per
cercare di recuperare un po' di sonno arretrato, sono in dormiveglia
profondissimo e se mi dicessero qualcosa sentirei le parole ma probabilmente
non intenderei niente. È quello stato di trance in cui i pensieri e le
immagini mentali si fondono con la realtà, in cui ti trovi ad immaginare ed
abbinare cose e situazioni assurde tra loro, senza alcuna logica. Non è
piacevole, preferirei un buon sonno invece che questo stato di ottundimento
che non dà riposo. Ci pensa però Davide a riscuotermi, quando è il momento
di prendere l'autobus: alle otto e venti passa finalmente questo mezzo che
ci porterà ad Haparanda, al limite del confine svedese, per poi entrare in
Finlandia a Tornio. Di malavoglia abbandono il mio giaciglio ed usciamo
nuovamente alla fredda aria di Luleå.
Fuori non fa certo caldo, ma la temperatura è decisamente più sopportabile
di quella della notte che ormai ha definitivamente finito di aggredirci. Il
bus a due piani arriva a prenderci, tardando però a posizionarsi
correttamente nella sua fermata: in questo momento odio profondamente
l'autista che se la sta prendendo comoda, poichè il mio intestino sta
malissimo dopo tutto il freddo che ho preso e non riesco più a trattenermi,
gli spasmi non mi danno tregua. Prego con tutte le mie forze che su quel bus
ci sia un bagno, eventualità molto probabile essendo un mezzo turistico
decisamente grande. Il biglietto interrail ci fa salire gratis per cui
risparmio un po' di tempo utile per raggiungere il gabinetto, che scopro
subito esserci. Sistemo frettolosamente le mie cose sul sedile e ci vado
immediatamente, trovandolo fortunatamente libero. Se il bus non fosse munito
di servizi, non so veramente come farei! Nelle due ore di strada che ci
separano da Tornio visito il capiente stanzino ben cinque volte, battendo
quasi sempre la testa contro le bassissime porte che separano uno
scompartimento dall'altro, per la troppa fretta di raggiungerlo. Tralaltro,
la luce nel gabinetto continua a spegnersi per un malfunzionamento della
fotocellula, e ogni tanto devo anche preoccuparmi di ondeggiare un po' per
ricordare alla gentile scatola di latta che sono ancora dentro e mi serve
luce!
In ogni caso non è solo il mio intestino a soffrire: non mi sento per niente
bene in generale, mi sale un po' di febbricola e ho i brividi, vorrei
solamente essere in un qualsiasi letto a dormire. Invece mi tocca cambiare
due bus e poi prendere immediatamente un treno che arriverà a destinazione
solo in tarda serata. Non avendo vie d'uscita cerco di riprendermi il più
possibile, non posso permettermi il lusso di stare male. Il mio impegno ha
successo: evitando di addormentarmi e tenendomi sveglio mentalmente,
all'arrivo ad Haparanda sto quasi bene. Anche questa volta ho vinto io
contro il freddo e le piccole avversità del cammino.
Finlandia
Siamo arrivati al giro di boa: ora dobbiamo scendere dall'autobus ed
attraversare a piedi la cittadina di Tornio, e con essa anche il confine tra
i due stati, prima di proseguire il viaggio con un altro autobus diretto a
Kemi. L'autista ci indica vagamente la direzione da seguire, e subito
cogliamo l'occasione di accodarci ad un gruppo di persone munite di zaino e
biglietto interrail che sembrano sapere esattamente dove stiano andando.
Marciamo con passo spedito verso questo piccolo paese di frontiera, che
possiamo già vedere chiaramente dalla nostra posizione iniziale. Per fortuna
ogni accenno di disturbo organico è finalmente cessato, e più passa il tempo
più recupero forze e salute.
Il confine tra le due nazioni ci è stato descritto come un ponte in mezzo al
quale passa esattamente la linea divisoria, e ci aspettiamo una degna e
trionfia segnalazione. Niente di tutto questo: entriamo a Tornio senza
nemmeno accorgercene, poiché il ponte è un'anonima ed insignificante
striscia di pietra senza uno straccio di indicazione. Ma anche senza le
segnalazioni, ce l'abbiamo fatta a raggiungere la Finlandia. I nostri euro,
a lungo conservati intonsi nella parte più remota del portafogli, hanno
finalmente riacquistato il loro valore.
Il bus per Kemi parte tra pochi minuti e dobbiamo sbrigarci a prenderlo:
come di consueto, lo raggiungiamo all'ultimo secondo. Un altro colpo di
fortuna sfacciata. Oltretutto, anche questo viaggio è gratis con
l'interrail: sembra proprio che le cose abbiano ripreso a girare per il
verso giusto. Sull'automezzo vediamo subito persone di fattura diversa da
come eravamo abituati a vedere solo qualche ora prima: i finlandesi, così
bianchi di pelle e platinati di capelli, sono davvero inconfondibili con gli
altri nordici. Anche la lingua finlandese è un idioma a sé, non così
influenzato dall'inglese come lo sono lo svedese e il norvegese. L'autista
cambia i soldi ai viaggiatori usando una macchinetta ingegnosa: basta
schiacciare dei pulsanti, uno abbinato ad ogni calibro di moneta, tante
volte quante monete se ne vogliono prelevare, trovandosele direttamente in
mano e del giusto valore. Tutte piccole migliorie che aiutano a semplificare
la vita. Il viaggio nel percorso misto tra urbano ed extraurbano dura solo
un'ora, ma non mancano le sorprese: ci accorgiamo subito che la guida su
strada in Finlandia segue regole diverse dalle nostre. In pratica non
esistono gli incroci con lo stop, e chi viene da destra ha sempre e comunque
la precedenza, anche se proviene da una strada secondaria. Per chi si
avventura in macchina in questa nazione e non è preparato, gli incidenti
sono assicurati. Fortunatamente, viaggiando in treno non si hanno
problemi.le rotaie sono molto meno interpretabili rispetto alle strisce
d'asfalto.
Kemi è solo una breve tappa di passaggio per approdare a Kuopio, la nostra
vera destinazione situata nel cuore della Finlandia. Tutto ciò che facciamo
qui è camminare per centinaia e centinaia di metri prima di trovare un
supermercato in cui rifornirci di cibarie. Ci sono negozi di ogni tipo, ma
stranamente gli alimentari sembrano scarseggiare: ogni negozio che ci pare
possa vendere cibarie in realtà vende vernici, mobili, ferramenta, vestiti,
tutto meno che generi commestibili. Finalmente trovato un grosso alimentari,
ci riforniamo di viveri e prendiamo il nostro treno per Kuopio. Anche questo
viaggio è completamente gratuito per noi che mostriamo questo biglietto,
stampigliato con caratteri antichi come quelli delle ormai dismesse macchine
da scrivere, e finalmente ci possiamo rilassare avendo davanti una
sferragliata di diverse ore senza soste nè cambi.
Foreste
Il paesaggio finlandese è quanto di più monotono mi sia capitato di vedere
in vita mia: foreste di abeti rossi e betulle, e null'altro. Così sterminate
da parere infinite, per ore e ore mai un cambiamento. Il legname di questi
alberi è adatto a produrre fogli di carta e a costruire mobili e abitazioni,
ma la coltura intensiva a cui è soggetto rappresenta un pericolo per
l'ambiente: coltivare sempre e solo una o due specie di alberi porta a
sconvolgimenti anche gravi dell'ecosistema, che ha bisogno di biodiversità
spiccata per garantirsi la sopravvivenza. Le industrie cartiere finlandesi
inquinano i fiumi e i 188.000 laghi della nazione, rendendoli tra i più
sporchi dell'intera Europa nonostante la loro apparente estrema purezza.
Forniscono pur sempre lavoro ad un enorme parte della popolazione
finlandese, e non potrebbe essere altrimenti con i tre quarti del territorio
coperti da boschi, rendendo però la situazione un dilemma: come fare per
continuare una produzione soddisfacente che sostenti adeguatamente i circa
cinque milioni di abitanti, ma che sia contemporaneamente sostenibile per
l'ambiente? Per ora, della questione ambientale vediamo solo il risvolto
paesaggistico: una noia mortale, nonostante tutto quel verde sia piacevole
da osservare rispetto ad anonime colate di cemento e sabbia. Una noia
strana, a metà tra l'ammirato e l'apatico, per questo paesaggio che potrebbe
far impazzire, se visto per giorni e giorni consecutivi sempre uguale. Solo
rarissimamente le foreste si aprono per lasciare spazio a qualche pianura, o
a quattro timorose case raggruppate assieme per non farsi inghiottire dalla
selva, o ad un industria di legname o una cartiera. Ci chiediamo seriamente
cosa succederebbe se il treno si guastasse in mezzo a queste sconfinate
distese di niente, nonostante immaginiamo che i soccorsi finlandesi siano
efficienti e preparati a queste eventualità. Sui nostri sedili foderati di
blu caschiamo dal sonno e dalla noia, stanchi morti. Tutto ciò che
desideriamo ora è un letto vero su cui stravaccarci senza più muoverci per
una giornata intera.
Ultimo sforzo
In qualche modo passa anche questo estenuante viaggio e giungiamo alla
stazione di Kuopio. È di nuovo il momento di drizzare le antenne e darci da
fare per trovare l'ostello, che pare essere situato in cima ad una collina
raggiungibile solo a piedi. Al primo tentativo sbagliamo strada, imprecando,
al secondo l'azzecchiamo ma abbiamo davanti due chilometri di salita, di cui
uno e mezzo decisamente ripido che sembra non finire mai. Per di più, una
densa nebbia rende impossibile capire quanta strada rimanga effettivamente
da percorrere. Gli zaini pesanti addosso ci costringono a sudare
copiosamente e a fermarci spesso per riportare i battiti del nostro cuore
alla normalità e lasciar smaltire l'acido lattico agli affaticati muscoli
delle gambe. Ogni volta che pensiamo che la curva che abbiamo davanti sia
l'ultima, scopriamo che c'è ancora un po' di strada da fare, ed è una
tortura vista tutta la stanchezza che abbiamo addosso. Non pensavo davvero
che due chilometri potessero essere così lunghi! Oltretutto la reception
presto chiuderà, non possiamo prendercela tanto comoda!
Pezzati di sudore da capo a piedi, con la gola riarsa, finalmente arriviamo
in cima, non molto prima dell'orario di chiusura. Riceviamo le chiavi e
immediatamente puntiamo la camera, ma la dannata porta non si apre: la
chiave si incastra nella toppa, non gira. Ormai siamo a un passo dalla
salvezza ma dobbiamo tornare indietro a chiedere un passepartout per
entrare, idea che ci riempie di indolenza, ma sembra che non ci sia
alternativa: la porta non ne vuole proprio sapere di aprirsi. Con un gesto
di rabbia giro la chiave più violentemente in un ultimo tentativo, e come
per magia la serratura finalmente scatta e la porta si apre, mostrandoci una
bella sorpresa: la camera è doppia! Nessuno che ci possa dare fastidio, il
bagno in camera con doccia incorporata, siamo logicamente felici. Una bella
lavata è proprio quello che ci vuole per far scivolare via la stanchezza e
il sudore che ormai non sopportiamo più. Dopo la doccia ci sentiamo
meravigliosamente bene, mangiamo con notevole appetito le vivande
procurateci al supermercato, facendo il bis più volte. Memorabile la scena
di apertura della scatoletta di tonno priva di apertura a strappo, usando
prima coltello, poi coltellino svizzero e infine forbicine per le unghie che
salvano la situazione. Dopo non molto ci addormentiamo, recuperando le forze
perdute in previsione della giornata intensa che seguirà: proveremo la
famosa Jätkänkämppä, la sauna tradizionale finlandese più grande del mondo.
Potremo usufruirne grazie all'ennesima fortunata coincidenza: è aperta solo
due giorni alla settimana, martedì e venerdì, e casualmente domani sarà
proprio martedì. Questione di destino che, nonostante tutto quello che si
può dire e non dire, esiste eccome.
Torre panoramica
Un'ottima dormita ci rigenera nel corpo e nello spirito, ora siamo di nuovo
pronti a tutto. La colazione a buffet è inclusa nel prezzo, da cui ci
alziamo di buon ora per approfittarne prima che il grosso venga saccheggiato
impunemente dagli altri affamati clienti. C'è veramente di tutto:
approfittiamo in modo indegno, mangiando da scoppiare. Finalmente una
colazione decente e sostanziosa, dopo giorni e giorni a mangiare schifezze
dal molto approssimativo valore nutrizionale. Toast con la marmellata di
frutti di bosco, croissant, corn flakes immersi nello yogurt, caffelatte e
succo di frutta, insomma ogni ben di Dio. Usciamo con la pancia piena e il
sorriso stampato sul volto, prepariamo velocemente i nostri pratici zainetti
per uscire, e saliamo per goderci una breve panoramica sulla grossa torre a
poche decine di metri dall'ostello. La sera dell'arrivo nemmeno l'abbiamo
vista, tanto era nascosta dalla fitta nebbia. La vista da lassù è ottima:
c'è molto vento da cui non rimaniamo a lungo, ma possiamo ammirare
finalmente i famosi laghi finlandesi visti nell'insieme. Sono tutti vicini
gli uni agli altri con qualche sperduta conifera che cresce negli isolotti
al centro di alcuni di essi, un paesaggio assolutamente peculiare. Nella
zona di Kuopio i laghi sono estremamente numerosi: molti hanno descritto la
vista che si ha dalla torre su cui noi ora ci troviamo come la migliore
possibile per avere un quadro d'insieme dell'intera nazione. Foreste e
laghi, d'inverno completamente trasformati in neve e ghiaccio, oltre alle
onnipresenti saune, addirittura una ogni otto abitanti. Questa è la
Finlandia.
Tutto esaurito
Discesi dalla torre, torniamo qualche minuto in ostello per organizzarci
bene e soprattutto prenotare gli ostelli di Helsinki e Stoccolma, le nostre
ultime due tappe. E' una parola: ci siamo svegliati decisamente tardi a
prenotare, causa anche gli ultimi giorni decisamente stressanti. La nostra
un po' datata guida ci offre una scelta di cinque ostelli nel centro di
Helsinki: ci permettiamo perfino di valutare pregi e difetti di ognuno,
stilando una lista di quali provare per primi e quali per ultimi, mettendo
in cima quelli con la colazione inclusa e in fondo quelli più lontani e con
meno agevolazioni. Telefoniamo al primo ostello: è pieno. Telefoniamo al
secondo: è pieno anche lui. Il terzo e il quarto, che fino a poco prima
erano le scelte di ripiego se proprio non ci fosse stata alternativa,
diventano le nostre ultime speranze, ma anche loro sono inesorabilmente
"fully booked".
Capiamo che non possiamo permetterci molta scelta: mano a mano che chiamiamo
anche quelli minori, segnati sull'utile carta ostelli donataci da Pavel, ci
sentiamo rispondere che sono anch'essi tutti pieni per i prossimi due
giorni. Ci riduciamo a sperare in un qualsiasi buco che abbia una branda di
qualche genere e quattro mura attorno: ne chiamiamo almeno una ventina,
sempre senza successo. Davide è ormai nauseato dalla solita frase che è
costretto a ripetere ossessivamente ad ogni chiamata "Hi, we're two guys and
we're looking for two beds for two nights...". Spendiamo settanta euro di
telefonate in poche decine di minuti. Ormai disperati, tutto quello che
otteniamo è una sistemazione a Stoccolma un po' disagevole per il primo
giorno, un'altra più abbordabile per i successivi due, mentre per Helsinki
rimane tutto in sospeso. Esaurita la lista, non ci resta che chiamare il
centro di assistenza per il turismo a Helsinki. Ci vogliono decine di
tentativi per azzeccare il numero giusto: una volta manca lo zero, una volta
manca il prefisso, una volta ci vogliono due zeri e non uno, un'altra volta
ancora gli operatori non parlano inglese, o addirittura componendo il
prefisso finlandese ci risponde gente che parla in italiano chiedendo con
fare seccato chi siamo e cosa vogliamo. Composto finalmente il numero
giusto, apprendiamo che gli ostelli sono tutti prenotati e che dovremo
soggiornare in albergo, prontamente bloccato e prenotato ad un prezzo molto
equo. Anche questa è andata, ma che fatica!
Kuopio
Rinfrancati dall'aver risolto il problema, è giunto il momento di visitare
finalmente il centro di Kuopio, in attesa di raggiungere la sauna che aprirà
solo alle cinque del pomeriggio. La cittadina è piena di vita: la piazza del
mercato centrale è un fermento di bancarelle che vendono di tutto, dai ribes
e lamponi alle magliette con la bandiera finlandese, fino alle coloratissime
matrioske cinesi. Il mercato coperto, chiamato Kauppahalli, è ancora più
ricco di prodotti, specialmente culinari: sono irresistibilmente attratto da
una barretta di cioccolato al mirtillo, divorata subito in un impeto di
curiosità: è squisita! Ovunque abbondano i negozi e i distributori
automatici di caffè, la bevanda preferita dei finlandesi: con un consumo
medio di quattordici chilogrammi annuali, pari a circa nove tazze
giornaliere, si collocano come i primi estimatori al mondo di questa
bevanda. Divertenti le tradizioni nordiche quando si viene invitati a casa
di qualcuno in Finlandia: il caffè va rifiutato per tre volte, accettando
poi di berne solamente mezza tazza alla quarta offerta, e finendo poi con il
berne quantità spropositate.
Dopo il mercato cerchiamo un posto dove riposarci e troviamo un parco che
contiene al suo interno un inquietante cimitero militare, ognuno con le
lastre di pietra levigata incise con nomi e cognomi degli sventurati. Ognuna
ha il suo mazzo di vistosi fiori rossi, a perenne ricordo di una morte
assurda ed insensata. Un cimitero militare è la lampante dimostrazione di
una stupidità immensa! Quando siamo stanchi di osservare il triste monumento
e di farci assalire dalle vespe che hanno ricominciato a tormentarci,
stavolta coadiuvate da dei fastidiosissimi moschini che in Finlandia
abbondano d'estate, prendiamo l'autobus per la zona dove si trova la nostra
tanto declamata sauna.
Jätkänkämppä
L'autobus ci abbandona davanti ad un sentiero sterrato che si inoltra nel
bosco proprio di fianco ad un lago: lo imbocchiamo senza remore, curiosi di
scoprire le dimensioni della sauna "più grande del mondo". Per me è una cosa
completamente nuova, sono un "esordiente totale", e farla per la prima volta
proprio qui è un'idea elettrizzante. Le temperature che si trovano in questi
forni di calore secco variano dagli ottanta fino a quasi cento gradi. Questa
infatti è una Savu-sauna, letteralmente sauna di fumo: la camera rovente
viene scaldata ventiquattro ore prima dell'uso per essere alla temperatura
giusta quando viene aperta al pubblico, ed il calore è prodotto dalla
combustione della legna e non dal vapore acqueo, che nelle saune
tradizionali si forma gettando acqua sulle pietre roventi. Dopo una serie di
bivi in mezzo alle foreste popolate da libellule ed altri insetti enormi,
appare questa costruzione di legno, delle dimensioni di un cottage estivo
medio. Situata immediatamente adiacente al lago, permette dei veloci tuffi
ai temerari che volessero provarli. I finlandesi questi tuffi li fanno anche
in inverno, rompendo il ghiaccio che si forma sulla superficie del lago, per
non perdersi nemmeno una possibilità di dare un po' di salutare shock
termico al loro corpo: la sauna è l'elemento caratterizzante la loro
cultura, usata per curare od alleviare i sintomi di qualsiasi malattia o
malessere.
C'è un ristorante tipico dall'altro lato che serve cibo solo in
corrispondenza dell'apertura della sauna, e la capanna dei taglialegna, i
quali periodicamente danno una dimostrazione della loro abilità sfasciando
tronchi a colpi d'ascia sicuri e precisi come sanno fare i popoli che vivono
di legname dai loro albori. L'atmosfera lacustre è peculiare: i giunchi che
spuntano ovunque dall'acqua ondeggiano leggermente con il vento, mentre gli
alberi lasciano intravedere solo una piccola porzione di lago, in realtà
piuttosto vasto, come si può apprezzare bene una volta sulla riva. Qualche
tronco è immerso per metà nell'acqua, abbandonato a marcire: forse non è
legno buono da lavorare. Dei rimasugli di legname stanno bruciando proprio
di fronte all'acqua, producendo dei gran sbuffi di fumo che il vento spinge
nella nostra direzione, facendoci tossire a più non posso. Siamo costretti a
spostarci e a ripararci dietro gli edifici finchè il fuoco non sarà spento
completamente. Le passerelle di legname in mezzo ai boschetti portano a dei
piccoli rifugi e capannine in cui certamente non si può abitare, ma adatte
solo ai bivacchi, o almeno così era in passato.
La sauna aprirà tra un paio d'ore, lasciandoci il tempo di mangiare un
panino con della succulenta carne di alce in scatola, e di metabolizzare il
tutto sufficientemente per poter entrare nella fornace e tuffarci nel lago
senza rischio di pericolosi blocchi digestivi. Mentre stiamo aspettando
arriva un gruppo numeroso di italiani, tutti muniti di asciugamano, che
entrano immediatamente discorrendo sui benefici delle saune e sulle
differenze tra quelle secche e umide. Dopo aver deciso arbitrariamente che
la nostra digestione è durata a sufficienza, entriamo anche noi prima che la
sauna si riempia: la capacità teorica è di sessanta posti, che possono
arrivare anche a centotrenta se piena fino a scoppiare, ma è meglio non
rischiare: la gente inizia ad arrivare a frotte. Il gentilissimo e
sorridente gestore dagli enormi occhi azzurri ci ricorda che possiamo usare
la student card, casomai ne avessimo una, per ottenere uno sconto sul
biglietto: un'altra dimostrazione di onestà, sarebbe potuto stare
tranquillamente zitto e incassare di più. Depositati gli zainetti e ogni
cosa di valore nel ripostiglio, affidandoli direttamente alle mani di lui
senza timore di frodi, entriamo nello spogliatoio. Diversi uomini nudi o
quasi si stanno asciugando e rivestendo senza fretta. Inizialmente credo che
quella stanza sia già la sauna, sentendo un gran calore umidiccio, ma
capisco subito che è solo lo spogliatoio. Rimaniamo in costume, anche se i
finlandesi non ne vedono di buon occhio l'utilizzo perchè il calore intenso
potrebbe degradarlo liberando molecole tossiche, oltre a impedire ai tessuti
sottostanti di traspirare normalmente. Per sicurezza chiediamo espressamente
al gestore se sia consentito usarlo, indicandoglielo a gesti data la nostra
ignoranza nella traduzione della parola "costume" in inglese, e la risposta
è sorprendentemente affermativa. Una volta pronti e muniti di due
asciugamani, entriamo in un locale un po' più caldo, con delle docce a muro.
Nemmeno questa è la sauna! Vedo una porta sul lato aprirsi e qualcuno
entrare coperto solo da un asciugamano legato attorno alla vita, allorchè
capisco che la camera del calore è quella. Non ho idea di cosa mi stia
aspettando in quella fornace, da cui entro con decisione. Non appena mi
rendo conto della temperatura interna, rimango scioccato. L'ambiente è
incandescente, quasi insopportabile: il muro di calore mi investe in pieno e
sento quasi subito i battiti del cuore accelerare convulsamente. Mi siedo,
camminando lentamente per non peggiorare le cose, su una delle tre file di
panche di legno. Evito accuratamente quelle della fila più in alto,
ricordandomi tutt'a un tratto che il calore tende a salire verso l'alto.
Dopo nemmeno una ventina di secondi sento già la pelle, che fino ad un
attimo prima era asciutta, riempirsi di sudore ovunque: nei capelli, tra le
dita, sulla pancia, sui polpacci, una sudata generalizzata. È una sensazione
mai provata prima, credo di sentirmi male ma è solo l'emozione, in men che
non si dica stiamo tutti e due letteralmente nuotando nel nostro sudore.
Respiriamo mano a mano sempre più normalmente grazie alla natura secca di
quel calore che non opprime i polmoni, ancora un po' frastornati da questo
ambiente così ostile ma tutto sommato piacevole. Le dimensioni della stanza
quadrata, che è realmente la più grande del mondo, non superano i cinque
metri di lato, per due metri abbondanti di altezza: alla faccia della
grandezza! Ma non c'è trucco: le saune che si trovano nelle case sono grandi
più o meno come un'utilitaria. I finlandesi ivi presenti, ligi alla
tradizione, prelevano con dei mestoli l'acqua bollente da delle ciotole
metalliche poste sulle panche, e la lanciano sul braciere producendo getti
di vapore. Nonostante la sauna sia secca, il lancio dell'acqua c'è lo
stesso, ma non li imitiamo per paura di ustionarci qualcosa.
Tuffo nel lago
Presto la temperatura e le condizioni della nostra pelle ormai completamente
impiastricciata si fanno insopportabili, sentiamo il bisogno di uscire
dall'altoforno che ci sta consumando. Traballando sulle gambe usciamo
lentamente dalla camera infuocata, e appena fuori dalla porta il sollievo è
quasi immediato. Non osiamo fare subito il tuffo nel lago preferendo come
prima volta una "semplice" doccia gelata. In qualsiasi altro momento una
cascata d'acqua addosso a quella temperatura ci bloccherebbe il respiro
istantaneamente, ma adesso è quanto di più rigenerante ci possa essere: il
getto d'acqua, freddo che più freddo non si può, sulla pelle caldissima
sembra quasi tiepido. Dopo un paio di minuti di doccia, gradualmente
spostata su temperature più canoniche, decidiamo di rientrare: l'esperienza
è assolutamente da rifare! Il ritorno nel braciere ardente è meno traumatico
adesso che la nostra pelle è più umida, poiché è l'acqua che ci è rimasta
addosso ad evaporare per prima, tenendoci un po' più freschi. Rimaniamo
dentro qualche minuto di più, non più con la lingua impastata dallo shock
termico e dall'arsura: stavolta conversiamo quasi normalmente anche se non
c'è molto da dire, preferiamo concentrarci sulle sensazioni fisiche.
Rimaniamo più a lungo stavolta: tra poco proveremo il tuffo nel lago,
dobbiamo accumulare molto più calore. Usciamo dopo cinque minuti circa,
sulla passerella di legno all'aperto. Avvertendo a malapena il vento
sferzante, camminiamo il più velocemente possibile verso il molo di legno.
Davide si tuffa a peso morto, con una gran spanciata: il tempo di rendersi
conto della temperatura dell'acqua, e subito strabuzza gli occhi,
terrorizzato, uscendo il più velocemente possibile. L'acqua deve essere
proprio fredda!
Non sapendo nuotare io mi devo immergere gradualmente, scendendo i gradini
al limite del ponticello. Arrivo con l'acqua alla gola, ed è un altro shock!
L'acqua è decisamente fredda, anche se infinitamente meno dopo aver
assorbito tutto quel calore. Di certo quando non ero ancora entrato in sauna
mai e poi mai mi sarei buttato nel lago così! Uscendo dall'acqua non abbiamo
nemmeno troppo freddo, ci copriamo solamente lo stomaco con l'asciugamano
per evitare una congestione e subito torniamo dentro, per rifarlo ancora
quattro volte tra caldo e freddo! Le ultime due volte Davide si tuffa in
acqua correndo a più non posso, imprecando a denti non troppo stretti contro
chi involontariamente intralcia il percorso fino al ponticello. Riesce
comunque a buttarsi abbastanza velocemente, per amplificare ancora di più
l'effetto shock dell'acqua fredda. È come una droga, invita a rifarla ancora
e ancora: piacevolmente rilassante, estremamente salutare. Dopo un certo
tempo avvertiamo un po' di stanchezza da tutto quello strapazzamento, i
polpastrelli delle dita si sono raggrinziti tantissimo, completamente
macerati nell'acqua e nel sudore. Decidiamo quindi di finirla lì e di farci
l'ultima doccia per rimetterci in sesto prima di andarcene.
Dieci minuti dopo siamo di nuovo vestiti e privi di qualsiasi stanchezza o
malessere fisico: i benefici della sauna sono davvero consistenti, ci si
sente proprio un'altra persona, come nuovi. Per coronare al meglio la
giornata, ci concediamo un bel boccale di birra contornata da degli ottimi
cracker sulle panchine fuori dal cottage. Guardando la gente in costume che
si tuffa nel lago, senza essere più parte di loro, ci torna in mente quello
che pensavamo fino ad un'ora prima: sono pazzi ad andare in giro nudi con
questo freddo! Ci improvvisiamo poi guide turistiche quando una famiglia
italiana viene a chiederci informazioni su come funzioni la sauna. Lasciamo
questa scena dopo aver assistito alla divertente scena di un pescatore che
arriva e svuota rumorosamente degli interi torrenti d'acqua dai suoi
stivali, tra le risate generali. È tempo di risalire sul bus e tornare al
nostro ostello, domani partiremo alla volta della capitale di questa
affascinante regione.
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ultimo aggiornamento 20/10/2021