Da Arequipa verso il Lago Titicaca.
La mattina seguente c'è una svolta: all'hostal arrivano dei turisti dall' aeroporto accompagnati
da un taxi.
Ci fermiamo a parlare con il tassista per accordarci sul trasferimento per l'aeroporto quando
quasi per scherzo gli chiediamo se ci accompagna a Puno e quanto ci costerebbe.
E' disponibile, dice di conoscere strade sicure per uscire da Arequipa, che si può partire
alle 14 e la tariffa è 350 soles, 100$ circa 80 $ in meno rispetto al volo con l'aggiunta che
almeno vedremo il paesaggio.
Accettiamo subito.
Come d'accordo alle 14 il tassista si presenta all'hostal per partire, con lui c'è
un suo amico, è in divisa, ci dice che lavora alla sicurezza dell'aeroporto e che con lui
siamo anche più protetti, infatti durante il paro alla periferia della città le macchine
vengono fermate e le strade bloccate,
i peruviani non scherzano su queste cose.
Saliamo in auto e partiamo incrociando le dita. Subito chiediamo ai due il perché del paro,
ci dicono che è contro il governo da loro definito un branco di ladrones, ma allora tutto mondo
è paese, perché il costo della benzina e insopportabilmente alto ed è passato da un soles
a tre nel giro di 5 mesi.
Ci spiegano che per accordi commerciali sono costretti ad esportare il petrolio agli USA
ai quali costa meno rispetto al Venezuela e loro sono costretti a ricomprarlo ad un prezzo
maggiore dal Venezuela stesso!!!
Ora è chiaro tutti partecipano ed hanno ragione, come dar torto a questa gente?
Subito fuori dal centro iniziamo a trovare i primi posti di blocco, ci sono molti ragazzi che
sbarrano la strada con dei sassi o copertoni bruciati, ai bordi della strada tutti gli autobus,
pulmini e macchine varie sono state fermate e bloccate!!!
Penso tra me cosa succederà? Potrebbero assalirci e portarci via gli zaini e i soldi, Jorge
l'autista dice di non preoccuparsi che tutto andrà bene, sinceramente ho un po'di fifa.
Ci vengono incontro due ragazzi, il tassista parlotta con loro poi tira fuori 1 $ e questi ci
lasciano passare tranquillamente. Pericolo scampato!
Percorriamo mezzo KM e un nuovo posto di blocco, sembra più grande del primo con molte
più auto e bus fermi, anche qui ci viene incontro un ragazzo, Jorge paga il solito pizzo:
1$ ma stavolta non basta, ci dicono che possiamo continuare ma non per la strada principale,
altri manifestanti potrebbero arrabbiarsi, quindi ci indicano una strada secondaria come via
di uscita e l'autista la prende.
Viste le condizioni della strada temo un tranello, ma fortunatamente non è così e,
seppur in maniera difficoltosa, siamo costretti a scendere e scaricare tutti i bagagli
per permettere all'auto di superare i binari della ferrovia grazie a delle passerelle
in legno improvvisate in modo tale che la macchina non rimanga incastrata tra le rotaie,
riusciamo ad arrivare alla strada principale molto più avanti del posto di blocco. Jorge
dice che era l'ultimo e che ora è tutto tranquillo. Tiriamo un gran sospiro di sollievo!
Durante la prima parte del viaggio percorriamo di nuovo la strada che ci ha portato al
Colca Canyon, poi al bivio dove ci eravamo fermati due giorni prima prendiamo per Puno.
Siamo di nuovo ad alta quota e il mal di testa si fa sentire di nuovo, fortunatamente in
forma molto più leggera rispetto a Chivay, attraversiamo un altopiano che da 4000 ci
porta fino a 4500 mt con delle distese interminabili di terra gialla dovuta all'erba
ormai secca, in contrasto con l'azzurro inteso del cielo, superiamo una zona dove c'è
un gruppo di rocce corrose dal tempo che prendono le forme di camini, Jorge ci dice che
si tratta di una "foresta rocciosa", poi a 4500mt superiamo un villaggio, dove ci
fermiamo per una sosta. È composto da poche case, si chiama Imata.
Qui la vita è veramente dura infatti gli abitanti possono vivere solo di coltivazione di
patate e pastorizia e la città più vicina è lontana alcune centinaia di KM.
Vedo il compagno di Jorge, non ricordo il suo nome, guardare in giro e scrutare l'orizzonte,
ci dice che lui è la prima volta che percorre questa strada, che esce da Arequipa, penso così
di aver regalato una gita a questa persona.!!!
Dopo tre ore di tragitto si sta facendo buio e il tempo è improvvisamente peggiorato e i
colori intensi di prima vengono sostituiti dal colore grigio scuro dei vari temporali che
ci circondano.
Arriviamo all'Hotel Toyorani di Puno che sono le 20, così salutiamo i nostri compagni
di viaggio che decidono di fermarsi per la notte e andiamo a piedi in centro, dopo sei ore
di macchina una passeggiata non può che sgranchirci.
In questi giorni a Puno c'è una festa, festa di Puno in onore delle nascita del primo Inca:
Manco Capac.
In giro per le vie e le piazze della città c'è moltissima gente, ci sono dei carri allegorici
con sopra gente vestita con abiti tradizionali, nella piazza principale c'è la banda
della città che suona e tutto è all'insegna del divertimento.
Per raggiungere un ristorante ci mescoliamo tra la folla e restiamo piacevolmente colpiti
dal fatto di essere "comparse" in uno spettacolo vero, non il solito teatrino per turisti.
Per rientrare in albergo incrociamo un gruppo di ragazzi che ha bevuto un po' troppo ... a fine
serata ce ne saranno parecchi che smaltiranno la loro sbornia su qualche panchina, d'altronde
è la loro festa.
La mattina seguente abbiamo organizzato un'escursione sul lago che ci porterà a visitare
le isole galleggianti Uros e l'isola di Taquile.
Partiamo con un pulmino turistico diretti al porto dove ci imbarchiamo su una barca verso
la prima tappa: le isole Uros.
La giornata fortunatamente è bellissima, l'aria è rarefatta e il cielo azzurro
limpidissimo contrasta con il colore della terra brulla che circonda il lago e con
il colore dell'acqua del lago, marrone, che è ancora limacciosa perché siamo
praticamente in un golfo.
Dopo circa un'ora di navigazione sbarchiamo su una delle 25 isole galleggianti
che compongono il territorio degli Uros, che ormai però sono praticamente scomparsi a causa
dei matrimoni misti con altre etnie del posto soprattutto Aymara.
Uno di loro ci spiega un po' come si svolge la loro vita, dice che questa è strettamente
legata alle canne galleggianti, Tortora, che costituiscono la struttura portante delle isole,
che vengono utilizzate per la costruzione delle capanne che poggiano su delle assi di legno,
che vengono utilizzate come alimento e ce le fanno assaggiare, vengono anche utilizzate per
la costruzione delle loro barche a forma di canoa con le quali vanno a pesca,
le più grandi a prua hanno delle raffigurazioni di facce di animali tipo quelle vichinghe.
Ci dice inoltre che le canne marciscono progressivamente a contatto con l'acqua e che occorre
integrarle continuamente con canne nuove in modo da lasciare un terreno sempre soffice
ed asciutto.
Adesso gran parte del loro sostentamento è dato anche dai prodotti che vendono ai turisti,
la qualità della vita è migliorata, però se fino ad inizio secolo l'età media di un
abitante era intorno ai 100 anni adesso si è abbassata a 80 circa, a causa delle malattie
che i turisti possono aver portato.
Dopo aver raggiunto la capitale a bordo di un'imbarcazione tipica, risaliamo sul barcone
diretti all'isola di Taquile.
Progressivamente l'acqua del lago diventa sempre più azzurra e trasparente
in prossimità della costa si può distinguere tranquillamente il fondo del lago.
Si tratta di un'isola abitata da 2000 persone circa, parlano il quechua.
È un'etnia molto chiusa, infatti raramente avvengono dei matrimoni con persone provenienti
al di fuori dell'isola, inoltre solo da pochi anni stanno iniziando a vedere di buon occhio
i turisti che giornalmente affollano la stessa. Da qualche anno è possibile
trascorrere la notte nell'isola, non è che ci sia un hostal, si può essere ospitati in una
casa per qualche dollaro, le sistemazioni sono molto spartane: non c'e il bagno in camera
né la luce né l'acqua corrente, ma la sensazione di poter toccare il cielo con un dito
penso si possa avere in pochi altri posti al mondo.
Certo il turismo aiuta un po' questa gente ma il loro principale sostentamento viene
dall'isola stessa con la pesca, la pastorizia e la coltivazione dei soliti prodotti della
terra che si possono coltivare su delle spettacolari terrazze presenti in tutta l'isola.
Sembra veramente fare un passo indietro nel tempo, si ha l'impressione di stare sospesi nel
tempo, girando per l'isola si vedono quasi tutti gli abitanti vestiti nei loro abiti
tradizionali con gli uomini che indossano dei cappelli di lana lunghi e coloratissimi tessuti
a mano da loro stessi, tutte le attività si svolgono sempre con una calma e una tranquillità
che per i nostri ritmi è ormai sconosciuta.
Nella piazza principale c'è una cooperativa che vende prodotti artigianali, i proventi vanno a
tutta la comunità.
Le stradine composte da terra e pietrisco di tanto in tanto sono abbellite da archi di
roccia con un crocefisso posto sulla sommità.
L'isola inoltre offre degli scorci con paesaggi bellissimi, il colore rosso della terra
che contrasta con il blu intenso del lago e sullo sfondo si possono ammirare le vette
innevate della cordigliera real Boliviana, uno spettacolo.
Come avrete capito, girare alcune ore attraverso Taquile è veramente un'esperienza emozionante
e varrebbe la pena trascorrere più tempo in questo posto incantato.
Purtroppo e già pomeriggio inoltrato e visto che ci attendono altre tre ore di barca dobbiamo
tornare verso Puno per arrivare prima che si faccia buio.
E cosi sarà, siamo a Puno alle 18 con il sole già all'orizzonte, quindi il giro a Sillustani
per osservare i tramonto è saltato.
Stasera in giro per le vie di Puno c'è meno gente, la festa di Puno proseguirà
infatti l'indomani mattina al campo sportivo con una sfilata di carri allegorici e di costumi.
Visto che non è proprio caldo scegliamo uno tra i molti ristoranti che ci sono sulla piazza e
ordiniamo qualcosa di alternativo, PIZZA: non ha assolutamente nulla a che vedere con la nostra
ma è mangiabile.
Verso Cuzco
Abbiamo deciso di prendere un autobus turistico per il trasferimento da Puno a Cuzco, uno
di quelli che durante il tragitto farà varie soste nei punti di maggior interesse.
La compagnia che scegliamo si chiama First Class, il biglietto compreso il pranzo ci costa
20$. Ci passano a prendere alle 8 al Totorani e in poco tempo attraversiamo quella che a
detta di tutti è una delle città più brutte del Perù: Juliaca.
Effettivamente non c'è nulla, solo strade non asfaltate percorse da migliaia di persone
probabilmente in cerca di qualche attività da svolgere per guadagnare qualche soles. Città
tristissima che superiamo in pochissimo tempo.
Iniziamo di nuovo a risalire per gli altopiani Andini, il paesaggio che incontriamo è
ancora fatto da montagne coperte di terra brulla color giallo, colore dato da un'erba
secca che cresce a queste altitudini, Icos, credo che si chiami così, che è utilizzata
dai campesinos sia come combustibile che come materiale per costruire i tetti delle case,
la zona è particolarmente povera le uniche forme di sostentamento per gli abitanti sono le
coltivazioni di patate e mais sviluppate su terrazzamenti e l'allevamento di bestiame.
La prossima tappa è Pukara, si tratta di un sito archeologico nei pressi dell'omonima città
risalente al 4000 a.c.. Si tratta della cultura dalla quale si è poi evoluta quella Tiahuanaco
prima e quella incarica dopo, si può osservare un tempio a forma di piramide che ora è
in restauro e un museo collegato al sito. Ci sono molti reperti risalenti all'epoca
pre-incaica, quelli che più mi hanno colpito raffigurano guerrieri rappresentati nell'atto
di cannibalismo verso bambini di tribù a loro ostili, in questo modo, con le sculture
poste all'ingresso della città, intendevano mettere in guardia le popolazioni descrivendo un
gesto di estrema violenza.
Da notare che già nel 4000 a.c. queste civiltà conoscevano il sistema di terrazzamento per
le coltivazioni e relativo sistema di irrigazione.
Nel primo pomeriggio la seconda tappa la facciamo al tempio Viracocha presso le rovine di
Raqchi.
Abbiamo qui il primo contatto diretto con la civiltà Inca e con le prime nozioni su questa
misteriosa cultura.
Si tratta di un tempio fatto in onore del dio Viracocha che aveva il più grande tetto della
civiltà inca, questo era sorretto da 22 colonne circolari costruite con blocchi di pietra,
che sono state distrutte dagli spagnoli, ma di cui ancora sono visibili le basi.
Tutto intorno si sviluppava la cittadella costruita da rocce e terra rossa di cui si può ancor
oggi osservare qualche bel pezzo di muro, in parte originale e in parte restaurato.
Ci avviciniamo ancora a Cuzco, il tempo peggiora sensibilmente e quando ci fermiamo a visitare
la chiesa di Andahuaylillas piove a dirotto.
Si tratta di una bellissima chiesa gesuita, al suo interno si possono osservare molte
influenze arabe, il tetto e le pareti sono completamente dipinte, non c'è cm quadrato rimasto
libero. Le grandissime decorazioni dietro l'altare sono tutte in foglia d'oro in stile barocco,
uno spettacolo che purtroppo non è né adeguatamente conservato né adeguatamente valorizzato,
come gran parte delle rovine di queste zone, un esempio, fuori piove a dirotto, alcune gocce
scendono anche dal tetto, la chiesa è aperta e all'interno c'è un'umidità impressionante ma
non c'è nulla che possa mantenere l'aria asciutta, credo che se non verranno presi seri
provvedimenti in pochi decenni gran parte di questi patrimoni andranno persi!
Quando arriviamo al terminal dell'autobus di Cuzco è già buio e fuori ancora piove a dirotto,
fortuna che Camilo della Piccola Locanda è venuto a prenderci con il suo fuoristrada.
Dopo aver appoggiato gli zaini alla Piccola Locanda, visto che Matteo non c'è, scendiamo la
ripida scalinata e siamo già per il centro di Cuzco alla ricerca di un ristorante, però sempre
a pensà da magnà!!!
Io non so bene che cosa un turista possa diffondere nell'aria ogni volta che raggiunge una
nuova città, ma sta di fatto che anche stavolta, seppur è 10 giorni che siamo in giro per
il Perù, appena mettiamo piede nella piazza centrale siamo praticamente assediati da gente,
soprattutto bambini, che ci vuole vendere qualcosa: chi statuette, chi cartoline, chi un
tour per i giorni a venire, chi ci indica il suo ristorante, ma perché? Sempre e solo il primo
giorno !? non ho un cartello in faccia con scritto appena arrivato !? E i giorni successivi
cosa è cambiato? cosa fanno un censimento?! Mah ... così è e credo così sarà anche nei viaggi
futuri, per ogni nuova città che si visita, almeno nei paesi non occidentali.
La Piccola Locanda:
Dimenticavo la Piccola Locanda è l'hostal che abbiamo scelto per pernottare a Cuzco,
è gestito da Matteo un ragazzo italiano originario di Saronno che vive ormai da alcuni anni a
Cuzco, è sposato con Camila originaria di Cuzco ed hanno una bambina di nome Lunita e Camilo è
il fratello di Camila.
La Piccola Locanda è sede ufficiale a Cuzco di Magie delle Ande, un'organizzazione fondata
da Gabriele Poli che a Cuzco e dintorni porta avanti diversi progetti umanitari di cui parlerò
più avanti.
La Piccola è situata a due passi dal centro, sotto la chiesa di San Cristobal in Calle
Resbalosa, una ripida scalinata, buon allenamento per il Camino Inca, la collega in due
minuti a Plaza de Armes, il centro vitale di Cuzco.
La struttura è una chicca, tutte le camere sono curate in ogni piccolo particolare, ognuna è
dipinta di colore diverso e ogni camera ha il nome di uno della famiglia, noi eravamo nella
camera di nome Camila. L'Hostal ha la tipica struttura delle case coloniali, le stanze sono
distribuite su tre ali che racchiudono un bel patio con un giardino, c'è una zona comune a
tutti gli ospiti dove normalmente si fa colazione, una bellissima zona soggiorno, anche questa
comune, con un camino e appesi al muro dei bei pezzi di artigianato, ma soprattutto c'è la
disponibilità di Matteo e di Camila che sono sempre pronti a dare un aiuto se c'è bisogno e
a fornire le migliori indicazioni e, con la loro semplice genuinità, a farti veramente sentire
come a casa. Un grazie di cuore ad entrambi anche per i vari progetti umanitari che state
portando avanti. Bravi ragazzi!
Cuzco
Leggendo la guida, LP, si capisce subito che Cuzco è il vero centro di interesse del Perù,
per cui non sapendo da dove iniziare la visita della ex capitale della civiltà Inca cominciamo
da Plaza de Armas, la piazza principale.
Come per Arequipa e Lima anche questa piazza è del periodo coloniale, al tempo della civiltà
Inca qui ce n'era una molto più grande di quella attuale.
In uno dei lati della piazza sorge la cattedrale, composta dalle due chiese El Triunfo e Jesus
Maria, ad un lato adiacente si erge la chiesa la Compania, e gli altri due lati sono strutturati
con dei palazzi che si alzano sopra dei porticati in stile coloniale.
Come per le altre due piazze già viste anche questa al centro ha una fontana con intorno
belle panchine sempre affollate a qualsiasi ora del giorno.
Ci dirigiamo verso la chiesa di Santo Domingo situata a poca distanza dalla piazza centrale e
si affaccia sulla via centrale di Cuzco: Avenue Sol.
La chiesa sorge dove al tempo Inca era eretto il tempio Coricancha che era certamente il
tempio più importante e ricco dell'impero inca.
Del vecchio tempio Inca rimangono ora solo le fondamenta il resto è stato completamente
distrutto dai conquistadores, adesso sì c'è la bella chiesa coloniale, strutturata con
all'interno un bel chiostro coloniale e arredata da molti quadri famosi, ma lo sfarzo e
la bellezza del tempio che era il fulcro della civiltà Inca ed era ricoperto d'oro con circa
700 lamine dal peso di 2 Kg l'una, lo possiamo solo immaginare e questo fa una certa rabbia.
Quello che l'uomo durante la sua storia ha costruito e distrutto in tempi relativamente brevi è allucinante.
Pensare che gli Inca avevano delle conoscenze approfondite dei sistemi antisismici, infatti
mentre la chiesa durante i secoli è più volte stata distrutta da terremoti, le rovine Incaiche non hanno subito alcun tipo di danno, ma questo è solo una delle grandi capacità edili che hanno caratterizzato la pur breve civiltà Inca.
Trascorriamo qui gran parte della mattinata poi ci dirigiamo verso il mercato dell'artesania locale, sono passati 10 giorni e non abbiamo ancora comprato praticamente nulla dell'infinità di prodotti artigianali che si trovano in Perù, dobbiamo far compere.
Il pomeriggio ci dirigiamo in un'altra zona del centro di Cuzco, una zona su una collina a
pochi passi da Plaza de Armas: San Blas, che prende il nome dall'ennesima e omonima chiesa
coloniale, la cui caratteristica è quella di avere all'interno un grande pulpito intagliato
su un unico pezzo di legno, dove sono scolpite più di 70 figure religiose.
Una leggenda dice che questo è stato costruito da un indio che ha passato la vita a
fabbricarlo, dopo essere miracolosamente guarito da una malattia mortale.
Si dice, anche se non è certo, che il teschio che si vede nella sommità del pulpito
sia proprio dell'autore di questo capolavoro.
Giriamo senza meta tra le viuzze di San Blas alla scoperta di negozietti e locali
caratteristici, rapiti dall'aria vagamente hippy e rilassata che si respira tra queste
vie acciottolate dell'epoca inca con i palazzi costruiti sopra le vecchie mura, quando
casualmente capitiamo davanti ad un'insegna che ci indica una casa museo.
Qui vive Antonio Olavez Palomino, un famoso artista del Perù conosciuto a livello
internazionale per i suoi lavori in ceramica. Proprio lui, un signore modestissimo sui
70 anni ci accoglie nel suo cortile, ci fa visitare il museo e tra i vari aneddoti che ci
racconta ce n'è uno di cui è particolarmente orgoglioso e riguarda il Papa: ci dice che
quando Giovanni Paolo II fine anni '90 è stato a Cuzco al tempio (fortezza) di Sacsayhuaman
ha benedetto una sua opera, ce la fa vedere e ci dice che non la venderebbe neanche per tutto
l'oro del mondo.
A memoria di questo piacevole incontro acquistiamo un piattino da lui decorato per 15 $.
Mi ha colpito molto questo signore, dagli attestati che ho potuto vedere appesi nel suo museo è
veramente famoso, ma ha mostrato non la solita aria snob che circonda molti artisti di quel
calibro, bensì un carattere genuino semplice e gentile.
Siamo di nuovo fuori e inizia come d'abitudine, in questa stagione a queste latitudini,
un acquazzone pomeridiano fortissimo per cui prendiamo la palla al balzo e decidiamo di
visitare la cattedrale, almeno siamo al coperto.
Come ho già detto la cattedrale è situata in uno dei quattro lati di Plaza de Armes ed è
composta da un unico complesso strutturato in due chiese differenti, sulla destra la chiesa
El Triunfo e sulla sinistra la chiesa Jesus Maria, la costruzione è stata iniziata nel 1559
e ultimata dopo quasi 100 anni.
E' stata edificata dove anticamente si ergeva il tempio di Viracocha e fu costruita
utilizzando le pietre sottratte dal tempio di Sacsayhuaman.
La cattedrale è immensa e la cosa che più mi colpisce è il coro, è di legno ed è grandissimo,
come tutta la chiesa del resto, è stato completamente intagliato a mano: una vera opera d'arte.
Inoltre la struttura comprende anche molte cappelle laterali, la sacrestia, un bellissimo
altare e una notevole raccolta di dipinti risalenti all'epoca coloniale della scuola di Cuzco
tra cui un dipinto di Marcos Zapata, questo dipinto è famoso per l'originale raffigurazione
dell'ultima cena di Cristo dove il cibo del banchetto è composto da molte specialità andine tra
cui il cuy, porcellino d'india.
Usciamo dalla cattedrale e ci accorgiamo che si è fatto veramente freddo per cui decidiamo
di rinchiuderci in un bar a bere qualcosa di caldo, capitiamo al bar Varayoc dove a fare
intrattenimento c'è un campesinos vestito con abiti caratteristici che suona l'arpa.
Prendiamo del mate di coca e una cioccolata calda e un pezzo di deliziosa torta alle mele,
a proposito i dolci peruviani sono veramente squisiti.
Per cena andiamo in un ristorante in Plaza de Armas dove ordiniano, oltre ad un buon e costoso
vino rosso peruviano, una parillada per due, composta da vari tipi di carne e degli spiedini
con interiora di animali non ben riconoscibili, ma tutto è veramente ottimo.
Pisac
E' domenica, giorno di mercato nei vari centri della valle sacra, decidiamo quindi di fare un
giro in uno dei più importanti: Pisac.
Abbiamo scelto questa cittadina perché oltre ad ospitare uno dei mercati più grandi e
caratteristici, è famosa per la cittadella incaica che si trova sulla sommità del villaggio.
Partiamo di buonora da un terminal di Cuzco, saliamo su un autobus fatiscente, con i sedili
ricoperti in qualche modo da plastica trasparente e il viaggio, che durerà circa due ore, ci
costa un dollaro.
Al terminal l'autobus non è pienissimo poi, man mano che attraversiamo Cuzco, si affolla
all'inverosimile e, come in altri viaggi ci è già capitato, siamo gli unici occidentali
tra i passeggeri. Dopo ½ di viaggio l'autobus è talmente pieno che si fa fatica anche solo ad
alzare un braccio ed una bambina non avendo spazio disponibile non trova di meglio che
addormentarsi sopra le gambe di Anna. Tra i vari passeggeri quello più strano che fa il nostro
tragitto è una capra che per le due ore di viaggio rimane stancamente in braccio ad un bambino
accompagnato dalla madre.
Arriviamo a Pisac che il mercato è nel pieno della sua laboriosità, tra le bancarelle ci
sono già molti turisti, forse troppi, questi mercati così caratteristici ne attirano molti,
saremmo dovuti arrivare prima, ma ormai ci siamo e decidiamo di fare ora un giro veloce,
per poi tornare nel pomeriggio sperando di girare con più tranquillità.
Cerchiamo un taxi che ci possa portare alle rovine, con dieci soles ne prendiamo uno e ci
facciamo portare all'ingresso del sito.
Gli accessi possibili sono due, uno più in basso dove si fermano quasi tutti i tour organizzati
che prevede un giro di un'ora circa e uno più in alto dove solitamente entra meno gente e
il giro dura circa un paio di ore, scegliamo di entrare dall'alto.
La vista che si apre davanti ai nostri occhi è favolosa, siamo in una montagna dalla quale
si può ammirare una splendida vista della valle sacra con le sue gole verdissime, una dove
scorre il Rio Katamayo e l'altra dove scorre il Rio Chongo che poi si uniranno al rio Urubamba
che attraversa la Valle Sacra.
Subito sotto la sommità c'è il primo gruppo di rovine abbastanza piccole e non in ottime
condizioni ma scendendo con lo sguardo si può vedere la parte più importante della cittadella
inca con le rovine in perfetto stato di conservazione, il tutto circondato da splendidi
terrazzamenti, adesso non piu' coltivati perché in restauro.
Peccato per i colori, la giornata purtroppo è molto nuvolosa, con un bel sole in cielo
lo spettacolo sarebbe stato ancor più incantevole!
Siamo a circa 3500 mt sul livello del mare, problemi per l'altitudine non ne accusiamo, ma
ci rendiamo subito conto che percorre i sentieri inca a queste altezze è dura, si ha sempre
la sensazione della mancanza di ossigeno e penso a quanto potrà essere dura i prossimi giorni
durante il Camino Inca nel quale saremo anche ad altitudini maggiori.
Il viaggio immaginario che si fa percorrendo questi sentieri così misteriosi e sognandoli nel
loro antico splendore è comunque molto emozionante e piacevole, nonostante un po' di fiatone.
Arriviamo all'uscita del sito dopo due ore di girovagare proprio mentre sta iniziando a piovere
ma il piacere di bere un buon jugo di naranja non ce lo toglie nessuno!
Ad aspettarci c'è Cesar il tassista che ci ha portato fin qui e che ci riporterà al mercato.
E' primo pomeriggio ed il mercato, un po' per la pioggia, un po' perché i turisti dei tour organizzati
hanno terminato il tempo a loro disposizione, come speravamo, è più vivibile, così riusciamo a
farci un tranquillo giro tra le bancarelle e visto che i commercianti hanno già fatto i loro
incassi sembrano più disponibili a trattare i prezzi.
Ci sono bancarelle di ogni tipo, da quelle che vendono le classiche e coloratissime stoffe
andine a quelle che vendono maglioni, ponchi e giubbotti di lana alpaca, banchetti che vendono
frutta tropicale, ortaggi e verdure varie, banchetti solo esclusivamente per patate, mai viste
tante qualità di questo tubero, tutte con caratteristiche organolettiche differenti e di
differenti colori, altri che vendono solo mais e anche per questo cereale vale lo stesso
discorso della patata, ce ne sono di diversi colori dal giallo classico al granata, alcuni
tipi con chicchi piccoli e altri con chicchi giganteschi, bancarelle che vendono tappeti,
altre che vendono ceramiche, insomma c'è veramente da impazzire, il tutto esposto attraverso
le vie del villaggio e sulla piazza principale, dove su un lato si alza la chiesa che ha come
caratteristica quella di avere le pareti interne affrescate con tinte pastello, rosa, celeste e
più che una chiesa sembra di essere all'interno di un asilo.
Poco prima del tramonto riprendiamo l'autobus che ci porta di nuovo a Cuzco, questa volta
ci sono anche molti turisti, l'autista nel tragitto ascolta le partite di calcio del campionato
peruviano, chiedo ad un ragazzo che mi sta vicino quante squadre giocano la loro serie "A"
conto i collegamenti con i vari radiocronisti nei diversi stadi e arrivo ad una soluzione
quasi assurda: tutte giocano allo stesso orario: le 15 della domenica pomeriggio, altro che
Pay per View!
Arriviamo a Cuzco che è già sera ci prepariamo per uscire a cena poi subito a letto perché
domani sarà il grande giorno: la partenza per il Camino inca.
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1998 - 2022 Marco Cavallini
ultimo aggiornamento 19/10/2021